I carabinieri di Alessandria insieme a quelli di Sassari hanno scoperto una tratta Nigeria – Libia – Sassari, che consentiva di far giungere in Italia giovani donne nigeriane da immettere nel circuito della prostituzione, anche a Sassari. Nell’ambito delle attività tecniche sviluppate è stata individuata la presenza di una pericolosa compagine criminale di etnia nigeriana, avente carattere transnazionale e operante nella città di Sassari, dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e allo sfruttamento della prostituzione, che ha promosso e finanziato il trasferimento in Italia di numerosi migranti.
I soggetti facenti dell’organizzazione, tratti in arresto, sono TONY Sofia, nigeriana 32enne residente a Sassari, e EDOMWONYI Bridget Tina, nigeriana 36enne domiciliata in Alessandria; altri due individui sono ancora ricercati.
La TONY, secondo l’accusa, si occupava di individuare le donne da immigrare clandestinamente in Italia e di finanziare il viaggio; l’OBASOHAN di finanziare la permanenza in Libia dei migranti in attesa della partenza e la EDOMWONYI di coordinare l’illecita attività di favoreggiamento e sfruttamento in Italia. Per favorire l’immigrazione clandestina si avvalevano di soggetti dimoranti in Libia e Nigeria, inseriti nel traffico di esseri umani, come “Mama Vera” (nigeriana non identificata) con il compito di individuare in patria le giovani da avviare alla prostituzione e di anticipare il corrispettivo per il viaggio delle ragazze (150.000 naira per migrante, versate sul conto del traghettatore) che venivano affidate in Libia ad altro soggetto non identificato (tale “Frede”).
Gli associati, sempre secondo l’accusa, si occupavano anche di sovvenzionare la permanenza delle migranti custodite in ghetti nel campo libico: qui aspettavano anche molte settimane prima di essere imbarcate, costrette a subire la sofferenza della fame, del freddo, le pessime condizioni igieniche nonché le avance e le minacce dei loro carcerieri. Arrivate in Italia e sistemate in un centro di accoglienza in Campania, ricevevano dalle Maman nuove schede telefoniche, soldi, documenti d’identità falsi nonché indicazioni su come allontanarsi dal centro di accoglienza e prendere il traghetto Civitavecchia – Olbia.
A questo punto, secondo i carabinieri le Maman davano loro istruzioni sulle attività che avrebbero dovuto svolgere per “riscattare” la propria libertà: procuravano loro una casa dove esercitare il meretricio e gli abiti “da lavoro”, davano consigli su come comportarsi con i clienti e le aiutavano, non parlando l’italiano, a trattare con i clienti.