La Regione Piemonte certifica nel bilancio previsionale 2018-2020 un disastroso raddoppio dei costi per la mobilità passiva dopo tre anni di tagli e soppressioni alla rete ospedaliera, ma tutto pare procedere bene, almeno nell’opinione dell’Assessorato Regionale.

Dopo l’indagine dettagliata sui costi della mobilità passiva nell’ASL AL (qui l’articolo) esaminiamo quale sia la situazione dei conti a livello regionale, a tre anni dal riordino della sanità.

La situazione non è affatto migliore, anzi, si direbbe assai peggiore: il bilancio regionale di previsione per il triennio 2018-2020 formulato da Palazzo Lascaris quantifica un’uscita di cassa per le cure che i piemontesi riceveranno al di fuori dei confini regionali di ben 298 milioni di euro. Nettamente inferiore l’introito stimato per la mobilità attiva, ovvero i servizi forniti in Piemonte a cittadini non residenti: 202 milioni. Uno sbilancio in passivo di 96 milioni per la mobilità sanitaria: significa che quasi la metà (il 47,5% per l’esattezza) dei guadagni da mobilità attiva, deve essere impegnata per arginare i costi della “fuga “ di pazienti fuori dal Piemonte.

 

L’evidenza dei bilanci fa emergere una offerta sanitaria assolutamente non sufficiente ai reali fabbisogni di salute della Regione nella sua interezza, più che una specifica responsabilità da “scaricare” ai territori di confine. Se l’indice è stato spesso puntato verso l’Alessandrino e il Novarese, è pur vero che i costi per la mobilità della intera Regione Piemonte sono in costante crescita, al punto da raddoppiare il disavanzo in soli tre anni.

E’ quanto messo nero su bianco dalla giunta Chiamparino & C.: un’eredità pesante che inesorabilmente ricadrà sulla prossima Giunta Regionale. Il Piemonte, infatti, voterà per il rinnovo del proprio governo nel corso del 2019 e le previsioni attuali sembrerebbero non avallare i sogni di gloria dell’attuale coalizione.

 

Nel 2013 la sanità nella Regione Piemonte contava una perdita di 55 milioni, saldo fra 270 milioni di introiti da mobilità attiva e 325 milioni di passivo. Nel novembre 2017, dopo una richiesta di accesso agli atti, sono state acquisite tabelle che indicano una mobilità passiva quantificabile in 250.351.860 euro nel 2014 e in 256.654.244 euro nel 2015, contro una mobilità attiva equivalente a 210.550.659 euro nel 2014 e 208.504.141 nel 2015. In termini assoluti, una perdita di quasi 40 milioni nel 2014 e quasi 50 nel 2015.

 

L’aspetto macroscopico sta nel raddoppio dei costi per la mobilità passiva a livello regionale dopo l’adozione della Dgr 1-600 (48 milioni, dato 2015) ai 96 milioni del 2018.

Non solo: nel 2013 e 2014, a fronte di una attrattività del territorio piemontese in calo (con la mobilità attiva che scende da 270 a 211 milioni di ricavi) la perdita per la mobilità passiva era in contrazione, scendendo da 55 milioni a 39 (mentre secondo quanto dichiarato da Saitta i dati 2013 – 2015 segnavano un incremento della mobilità oltre confine). Nel dicembre 2014, l’adozione del riordino della rete ospedaliera con i suoi tagli e soppressione di reparti ha inesorabilmente determinato un ulteriore calo dell’attrattività dell’offerta sanitaria piemontese (mobilità attiva in ulteriore calo a 209 milioni nel 2015 e 203 milioni nel 2016) e l’inversione di un trend che vedeva tra il 2013 e 2014 un calo della fuga di pazienti extraRegione.

Il risultato, in termini puramente contabili, è stato quello di raddoppiare il valore delle perdite in soli tre anni.

Ires e Assessorato alla Sanità, a quanto pare, non ritengono necessario approfondire con ulteriori ricerche e analisi nemmeno di fronte a queste evidenze, sebbene continuino a emergere evidenti perdite di denaro pubblico a causa dell’esodo di pazienti verso altre regioni.

Annamaria Agosti



 

I dati del 2016 sono stati ricavati dall’articolo.

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=55564