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Resti romani a San Bartolomeo al mare, un occasione per il turismo

Bilancio positivo per gli scavi della Mansio Romana Lucus Bormani di San Bartolomeo al Mare, avviati ad inizio mese.

Com’è noto, le attività di scavo in corso fanno seguito alle campagne di lettura stratigrafica del contesto, realizzate nel 2016 e nel 2017, sulla base di un accordo tra Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona, l’Università degli Studi di Genova, l’associazione di archeologi professionisti Etruria Nova Onlus e il Comune di San Bartolomeo al Mare. Partecipano alle attività di scavo archeologico tra le 10 e le 15 persone.

Gli elementi sino ad ora raccolti fanno pensare che il sito della Mansio Romana di San Bartolomeo al Mare, già noto con il toponimo “Lucus Bormani”, sia stato frequentato sin dall’Età del Bronzo recente e finale (secoli XII-X secolo a.C.), come attesta il rinvenimento di alcune olle di grandi dimensioni decorate con impressioni eseguite a mano, che documentano la presenza di un possibile insediamento con ambienti destinati alla conservazione di derrate alimentari. L’area venne poi occupata nuovamente durante l’Età del Ferro (fine V – II secolo a.C.), probabilmente da un piccolo impianto artigianale legato alla lavorazione di metalli: interessante a questo proposito è il ritrovamento di un’anfora di produzione massaliota che testimonierebbe la presenza di traffici commerciali da e verso il Golfo di Marsiglia. Con la realizzazione della via Julia Augusta (anno 13 a.C.) avvenne l’inizio della occupazione romana di questa parte del Ponente ligure. La Mansio romana Lucus Bormani (periodo compreso tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C.) si situa nei pressi dell’itinerario ed è ricordata nella Tabula Peutingeriana con il toponimo Luco Bormani (che rimanda al bosco sacro a Borman, divinità ligure di origine centroeuropea) e segnalata anche nell’Itinerarium Antonini.

Le stutture della mansio vennero abbandonate durante la media età imperiale, tra II e III secolo d.C., mentre l’area costiera alla quale il complesso faceva riferimento continuò ad essere frequentata fino al VI-VII secolo d.C.

La Prof. Elena Santoro dell’Università di Genova ha così sintetizzato il lavoro di questo mese: “Ci siamo dedicati in particolar modo allo scavo di alcune statificazioni lasciate durante l’ultima campagna di scavo del 1988. Ciò ci permetterà di capire se le indagini del passato hanno o meno completato l’identificazione completa della struttura. Noi sappiamo che con gli scavi del 1977 sono stati messi alla luce una serie di ambienti articolati su un porticato e un piazzale scoperto. Ci stiamo dedicando a questo piazzale scoperto per capire se ci sono altri ambienti speculari a quelli già indagati o se tutta la struttura è già stata definita. Contemporaneamente stiamo completamendo la campagna di pulizia di una parte del sito che ancora non era stata oggetto di interventi. Abbiamo potuto documentare tutte quelle evidenze che ci stanno permettendo di capire come fosse articolato il sito nelle sue varie fasi di vita. Sappiamo che questa è un’area che ha avuto più frequentazioni, da quello molto antico del periodo del bronzo a quella successiva del periodo del ferro e poi la grande fase del periodo romano, durante la quale è stata realizzata questa struttura posta lungo la via Julia Augusta, che data del 13 a C. Con gli scavi di agosto stiamo sicuramente recuperando qualche dato in più rispetto al passato, con cui pensiamo di poter documentare le trasformazioni che la Mansio ha avuto nel tempo. Tutti i dati raccolti verranno elaborati nel post scavo e potremo essere più precisi. Oltre allo scavo, abbiamo attivato un laboratorio di trattamento dei reperti, per cui tutti i materiali che vengono recuperati nel corso della campagna vengono contemporaneamente lavati, siglati, schedati e studiati. Abbiamo quindi la possibilità di fare una lettura più completa dei dati recuperati”.

Il Sindaco di San Bartolomeo al Mare, Valerio Urso, ha invece voluto approfondire l’interesse del sito in chiave turistica: “Abbiamo programmato questa campagna di scavi pensando alla promozione turistica del nostro paese e dell’intero Golfo dianese, perché questo sito – così dicono gli esperti – è molto importante e potrà essere legato in futuro al progetto della pista ciclabile. La volontà dell’Amministrazione è quella di continuare ad investire in questo sito perché vogliamo creare in futuro una musealità della Mansio e renderla disponibile ad un pubblico molto ampio. Ci siamo già impegnati per i prossimi 3 anni e stiamo cercando forze aggiuntive, pubbliche e private, Fondazioni, per poter avere più disponibilità. Il Comune è in possesso dei terreni adiacenti e verosimilmente dovrebbero esserci altre cose da scopire. Sotto la scuola c’è tutto ciò che sappiamo già far parte della Mansio. Considerato l’interesse che hanno raccolto gli Open day, siamo certi che questa sarà in futuro la principale attrazione del Golfo dianese”.

 

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