Il Museo C’era una Volta spiega l’esistenza dei nostri avi attraverso una minuziosa raccolta di oggetti esposti nelle sale d’una ristrutturata caserma di Alessandria sita in piazza della Gamberina collezionata sotto la guida della maestra Elena Garneri
I locali, ricavati in una vecchia caserma ristrutturata, contengono un’infinità di oggetti indispensabili alla sopravvivenza dei nostri antenati.
La raccolta è nata quasi per gioco, quando gli allievi della Scuola Elementare di Valle San Bartolomeo hanno iniziato a portare gli attrezzi adoperati per molteplici impieghi, utili alla civiltà di almeno un secolo addietro, recuperati nelle case, nelle soffitte, negli scantinati, sotto i portici di qualche cascinale abbandonato, ecc…
Sono un’infinità di aratri, zappe d’ogni tipo, vestiti a cui la gente d’allora teneva molto.
La raccolta, in un primo tempo è avvenuta alla rinfusa: successivamente, quando il malloppo continua ad aumentare, s’è iniziato a catalogare ogni pezzo descrivendo la provenienza, l’utilizzo, indicativamente l’epoca in cui era di moda, un insieme di tantissime cose tutte utili, impiegate nelle campagne, nelle case, dai bambini per i giochi; ci sono abiti da fatica, quelli indossati per le cerimonie importanti, quali battesimi, cresime, sposalizi, alcuni davvero incantevoli per la precisione con cui sono stati manufatti.
L’elenco è lunghissimo, non mancano esemplari usciti dal cappellificio Borsalino, strumenti per l’estetica, come l’attrezzo per predisporre i rossetti d’addolcire le signore, donata dalla Paglieri, in tempi più recenti: persino i tappi di Guala, esportati nel mondo.
Attraverso queste cose si scorge, in dettaglio, il filmato d’un’epoca, lo spaccato d’un’esistenza non lontana, eppure non più attuale, un’epoca in cui si abbinava il lavoro al divertimento: ecco il settore degli strumenti musicali, alcuni di rilevanza storica. Il tutto è perfettamente riutilizzabile persino l’aula scolastica inserita, dalla competenza della Maestra in un locale, un arredo in uso a scolari ancora nella seconda metà del secolo XX.
Insomma: una realtà del passato, visitata mediamente da oltre diecimila persone ogni anno, arrivata fino a noi con la costante paziente tenacia di Elena.
Franco Montaldo