Sabato 20 gennaio, nella Sala delle Lunette del Museo Civico di Casale Monferrato, si terrà il primo appuntamento con il laboratorio gratuito “Facciamo Poesia”, curato da Mauro Bonelli con la consulenza di Elio Botto e Giorgio Nebbia (Nebiot).
Per tre sabati consecutivi, il 20, il 27 gennaio oltre al 3 febbraio, dalle 16 alle 18, si impareranno le tecniche per costruire versi, inventare rime, strutturare in strofe le proprie poesie. Protagonista del laboratorio sarà, oltre alla lingua italiana, anche il dialetto monferrino.
L’iniziativa si rivolge a tutti i cittadini interessati alla poesia, al dialetto, alla cultura monferrina, indipendentemente dai loro studi precedenti. Gli insegnanti in particolare potranno trovare spunti utili professionalmente, e al contempo assolvere all’aggiornamento richiesto dal MIUR.
Ci si può iscrivere all’URP del Comune (Via Mameli, 21 – piano terra Tel 0142 444339, dal lunedì al venerdì 9 – 13, lunedì e mercoledì anche 14 – 17) oppure direttamente in occasione degli incontri.
Spiega il professor Bonelli: «Perché fare poesia? Perché è bello, rende più felici, migliora il mondo, perché ci si diverte. Perché fare poesie secondo i canoni della verseggiatura tradizionale? Non per nostalgie fuori tempo, ma perché davvero la differenza tra la poesia e tutto il resto consiste in questo: che la poesia si dà delle regole, se non rispetti le quali fai qualcosa magari di interessante, ma che non è poesia. Dopo il disfacimento della tradizione seguito alla moda del “verso libero” tutti coloro che scrivono e vanno a capo prima della fine della riga si sentono poeti. E fanno benissimo! Cose spesso bellissime, esternazioni di sentimenti e di anime, ma la poesia è anche un’altra cosa. Ungaretti restituì alla parola, la parola pura, il peso e il rilievo che essa deve avere, mentre la lirica tardo ottocentesca schiacciava la potenza della parola dietro una selva di espressioni ridondanti. La parola è come la perla luminosa sul nero cuscino di raso; bisognava cancellare il cuscino e il contorno, per incentrarsi sul gioiello. Ora, trasformate spesso le parole in insignificante bigiotteria, bisogna procedere in direzione opposta: ricostruire un po’ di contorno, di ambiente espressivo, ridare alle forme la funzione che loro spetta per incentrare l’attenzione del lettore sui diversi strati emotivi, espressivi, concettuali che ogni poesia contiene.
Perciò scriviamo sonetti, ballate, madrigali, serie di quartine; usiamo l’endecasillabo, il doppio settenario, il senario; troviamo rime baciate, alternate, liberamente disposte; sostituiamo la rima con l’assonanza; il lessico sia in genere colloquiale, ma non sempre; la sintassi sia in genere paratattica, per facilitare la comprensione.
È molto più facile scrivere in lingua, che in dialetto monferrino. Perciò cominceremo con l’inventare versi in italiano, ma passeremo quasi subito al dialetto. Elio e Giorgio sono grandi esperti di dialetto, profondi conoscitori della cultura monferrina, poeti e dicitori essi stessi.
Lavoreremo (tutti, non solo noi tre) e faremo non delle lezioni, ma degli esperimenti, dei tentativi: un laboratorio, insomma! In cui nessuno si deve sentire non adatto, o non all’altezza! Soprattutto, ci divertiremo, e tenteremo di salire sul primo scalino della poesia, e ce ne sentiremo, come dice il grande poeta Kavafis, molto onorati…».