Bancarotta fraudolenta: imprenditore arrestato dalla Guardia di Finanza dopo aver portato al fallimento alcune strutture turistico-alberghiere del ponente ligure.
I finanzieri del Comando Provinciale di Savona, hanno eseguito numerose perquisizioni ed un’ordinanza di custodia cautelare a firma del GIP di Savona, dott. Francesco Meloni, nei confronti di un noto imprenditore del savonese. Le indagini, coordinate dal Sost. Proc. della Repubblica, dott. Ubaldo Pelosi, sono scaturite a seguito del fallimento di alcune società che si occupavano della gestione di alcune strutture ricettive-alberghiere – anche di prestigio – site in varie località turistiche del ponente ligure e della Sardegna.
I finanzieri e la Procura hanno ricostruito le cause che hanno portato al dissesto le società e scoperto un complesso sistema illecito, attraverso cui l’amministratore (residente in provincia di Savona) ha distratto ingenti risorse finanziarie, per un ammontare di oltre 220.000 euro, dalle casse societarie, ponendo in essere varie operazioni illecite quali, ad esempio, la vendita simulata di arredamenti ed attrezzature varie ed il ricorso a frequenti ed ingenti prelevamenti tramite carte di credito e bancomat aziendali per sostenere spese di carattere personale.
Inoltre, l’attività investigativa ha consentito di smascherare meccanismi fraudolenti più complessi ed articolati, dal drenaggio di ingenti capitali verso Paesi fiscalità privilegiata, c.d. off-shore (tra cui Principato di Monaco, Svizzera e Panama), camuffando tali flussi finanziari sottoforma di pagamenti per consulenze e prestazioni di servizi, di fatto, mai avvenute, per poter indurre in errore i creditori ed i terzi sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle società. L’amministratore, adesso dovrà scontare gli arresti domiciliari e rispondere del reato di bancarotta fraudolenta e documentale (di cui all’articolo 110 del codice penale ed agli articoli 216, 221 e 223 del R.D. 267/42), per aver distratto beni e risorse per oltre 220.000 euro dalle società amministrate e per aver “artefatto” scritture contabili e bilanci aziendali indicando debiti per circa 1,5 milioni di euro a fronte di una esposizione debitoria effettiva di circa 3 milioni di euro.