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Alessandria, albanese nei guai per aver maltrattato moglie e figlia


I Carabinieri della Stazione Alessandria Principale hanno denunciato per maltrattamenti in famiglia un cittadino albanese di 34 anni, pregiudicato, al quale è stata anche applicata la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla moglie e dalla figlia. Ai primi di agosto si presentava presso gli uffici della Stazione Alessandria Principale una donna albanese di 32 anni che raccontava la sua storia iniziata tanti anni prima in Albania, dove si era sposata con il 34enne circa dieci anni fa e dalla cui unione era nata una figlia che ora ha 8 anni, fino al loro trasferimento in Italia nel 2015 quando venivano a vivere nel centro di Alessandria insieme ai genitori del marito.

Per la donna gli anni trascorsi con il marito si erano trasformati in un crescendo di soprusi e aggressioni sia fisiche sia verbali, nonché di proibizioni di avere contatti con l’esterno o amicizie a causa della sua gelosia ossessiva. L’uomo, che a dire della donna fa uso di stupefacenti, la aggrediva circa una volta al mese minacciandola anche di morte. Il tutto accadeva spesso di fronte alla figlia e ai suoceri e sempre per motivi di gelosia. L’aveva aggredita nel mese di marzo sempre per motivi di gelosia e l’aveva colpita con dei pugni in faccia, lasciandole degli segni evidenti sul viso solo perché la donna era colpevole di avere sul telefono il numero di cellulare del cognato.

A nulla erano valse le sue spiegazioni, ovvero che il numero del cognato era usato dalla sorella per contattarla, ma l’uomo, accecato dalla gelosia, in quella occasione le aveva sferrato diversi pugni al volto che le avevano procurato delle lesioni che la donna però non aveva mai fatto refertare. Da ultimo, a fine luglio la coppia si trovava in macchina e l’uomo raggiungeva una via priva di illuminazione pubblica e di abitazioni, dove fermava il veicolo. Iniziava quindi a colpire con dei pugni la testa e il volto della donna cagionandole delle evidenti ecchimosi e minacciandola di morte, sempre per motivi di gelosia perché la accusava di essere passata davanti a un bar dove degli uomini seduti ai tavolini l’avevano guardata insistentemente. L’aggressione durava alcuni minuti finché la donna riusciva ad aprire la portiera e scappare.

L’uomo la raggiungeva e la accompagnava a casa intimandole anche di non riferire niente ai suoceri. La mattina dopo però, quando la donna voleva riferire tutto ai suoceri, l’uomo minacciava di prendere un coltello e ammazzarla, ripetendo nuovamente che la donna avesse provocato volontariamente gli uomini davanti al bar. Nei giorni successivi l’uomo tentava nuovamente di picchiarla, venendo bloccato solo dall’intervento tempestivo dei suoi genitori che difendevano la nuora evitando contatti fisici tra i due. Ma la donna aveva già maturato l’idea di scappare di casa e riferire tutto ai carabinieri, come consigliatole anche dai suoi familiari e cosa che faceva i primi di agosto, riferendo che in passato mai aveva denunciato le violenze subite e mai si era fatta refertare al pronto soccorso solo per timore di vendette dell’uomo, ma che la situazione familiare che stava vivendo era ormai diventata per lei insostenibile.

Dopo la denuncia, durante la quale la donna forniva ai militari le foto del suo volto dopo l’ultimo pestaggio, la vittima si vedeva costretta a lasciare la città insieme alla figlia e raggiungere dei parenti dove finalmente ha ritrovato la serenità che aveva perduto soprattutto nel corso dell’ultimo anno. Intanto i militari denunciavano all’Autorità Giudiziaria il 34enne per maltrattamenti in famiglia ed effettuavano numerosi accertamenti per verificare i numerosi pestaggi con cadenza sempre più frequente, le minacce e le continue vessazioni, segnalando alla Magistratura il pericolo di reiterazione della condotta antigiuridica. I militari chiedevano e ottenevano dal GIP del Tribunale di Alessandria la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna e dalla figlia, con l’obbligo di mantenere una distanza di 600 metri da loro e il divieto di comunicare con la vittima con qualsiasi mezzo in modo da evitare qualunque tipo di comportamento pericoloso per l’incolumità della donna e della figlia.

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