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Si celebra l’anniversario dell’alluvione dell’ospedale di Novi Ligure con molti pazienti trasferiti. Alla faccia della Buona sanità….


Novi Ligure, 14 ottobre 2014: il giorno in cui il San Giacomo andò a mollo e mise in bilico l’appropriatezza delle scelte operate dalla Regione.

La cronaca la ricordiamo tutti: una giornata in certi momenti drammatica, con acqua e fango che avevano raggiunto il livello seminterrato dell’ospedale di Novi, mettendo in pericolo i ricoverati ed i locali della rianimazione e della radiodiagnostica.

Una scena quasi apocalittica e testimoniata nei numerosi scatti pubblicati da ANSA: l’acqua che attanaglia l’ospedale, invade i seminterrati, i pazienti ricoverati in rianimazione che vengono messi al sicuro trasferendoli nell’unità di terapia intensiva cardiologica, l’attività di radiodiagnostica e quella del blocco operatorio sospese, anche in considerazione dei danni consistenti subiti dall’impianto elettrico.

Minori erano i disagi per la sede ospedaliera di Tortona: pochi danni di lieve conto a scantinati che non erano, peraltro, sede di attività.

Una situazione, quella a Novi Ligure, definita dal Sindaco Muliere “davvero critica” con “tre sottopassi allagati” e “moltissime strade in direzione Alessandria sommerse dall’acqua”. Nel contempo, dall’ostetricia del San Giacomo alcune donne in imminenza di ricovero per parto venivano contattate e dirottate sull’azienda ospedaliera di Alessandria. Come potevano arrivarci, dato che le strade in direzione del capoluogo erano poco o addirittura non transitabili, rimane un mistero.

I comunicati diramati durante l’emergenza riferivano di 130 pazienti ricoverati al San Giacomo in quel momento, con quelli potenzialmente critici che venivano trasferiti altrove.

Passata la fase critica e scampato il momento di pericolo, viene spontaneo trarre qualche riflessione da quei numeri.

Una su tutte: 130 pazienti ricoverati su 200 posti letto in dotazione vuol dire che, approssimativamente, in quel momento l’ospedale di Novi Ligure era al 65% di occupazione dei posti letto.

Se si pensa che, secondo la delibera di riordino della rete ospedaliera, i tassi di occupazione per valutare l’appropriatezza dei ricoveri indicano un valore del 75% per le discipline chirurgiche e dell’85% per quelle mediche, e che due ospedali storici di Torino sono stati chiusi avendo dei tassi di occupazione dei posti letto tra il 65% (Oftalmico) e 60% (Amedeo di Savoia), nel vedere quei dati – trapelati forse per sbaglio in un momento di concitazione dovuto alla situazione di allarme – un tortonese qualche domanda se la pone pure.

Prima si interroga. E poi s’incazza, con motivo e ragione.

Annamaria Agosti


8 ottobre 2015

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