Quarantamila tonnellate di rifiuti pericolosi per la nostra salute seppelliti nelle cave? E magari, probabile, è solo l’apice di una piramide che non si sa dove e quando comincia e se mai finirà.
Noi stiamo qui, a Tortona, circondati dai veleni seppelliti fin dagli anni Ottanta, stiamo qui ad aspettare che qualcuno ci dica che farà qualcosa, stiamo qui come ebeti inebetiti e scandalizzati, ma nessuno che si chieda: “Com’è potuto accadere?”
Possibile che fossimo tutti ciechi, sordi e, soprattutto, muti?
Possibile che lo fossero tutti i politici passati più o meno a governare la nostra città dagli anni Ottanta in poi?
È possibile tutto in questa cittadina tra la pianura e i colli, a un passo dall’appennino e a un passo dal mare; è possibile tutto in questa cittadina madre di Perosi, di Sarina e un po’ di Coppi, ma che nel suo simbolo insipido costato qualche migliaia di euro invece che metterci Coppi, ci ha messo un crocicchio che potrebbe rappresentare qualsiasi incrocio di qualsiasi città del mondo e sotto ci ha scritto: “Il Tortonese, terra d’incontro”.
“Il Tortonese, terra dove puoi seppellire quello che ti pare” sarebbe stato più appropriato.
Un tempo, almeno d’estate, si poteva scappare via: al mare, sui colli, in montagna, che ne so, in qualsiasi posto che non fosse Tortona. Chi non poteva, andava a fare il bagno a Scrivia, ché la piscina a Tortona non c’era, e ci si tuffava nel “lago” e si mangiavano le arborelle e i cavedani fritti da un folle che con quattro celophan aveva allestito un ristoro là, sì, più o meno là, dove poi hanno seppellito i veleni e i bidoni e chissà quant’altro, ma lui l’avevano già mandato via.
Vacci, oggi, a pescare e fare il bagno nella Scrivia!
Ora, se non si può scappare via, ci sono gli ipermercati: tutti freschi di aria condizionata d’estate e di un tepore asettico d’inverno: meta di chi non ce la fa più ad andare in vacanza o di chi, peggio e purtroppo, non ce la fa più a pagare le bollette. E sono loro, docili e dolci, rassegnati, i nostri vecchi sulle panchine davanti agli scaffali!
Tortona non esiste più, se non nelle immagini antiche e nelle cartoline di un tempo pubblicate su Facebook dagli ultimi adorabili e disperati custodi di una memoria che, nei fatti, ha la faccia delle foto strappate con barbaria sotto i portici di “Casali”: perché anche la memoria, quando dignitosa, è meglio cancellarla, non serve, non si capisce, non rende e forse, più di tutto, fa paura.
Intanto, ed è retorica, i negozi chiudono, la città muore: un guizzo della Fondazione o di Charly per farla un po’ rivivere, diciamo grazie, ma l’anima della nostra città esiste ancora?
Ricordo i Carnevali con la folla e gli amici ed io bambino che sentivo la mia città parte di me e io parte di lei; ricordo l’emozione dei saggi della Scuola di Musica nella sala consiliare; ricordo il fervore dell’arte, i cineforum, le mostre di pittura e fotografia, le recite in parrocchia; ricordo le luminarie e i negozi vivi nel periodo di Natale ed io cucciolo che con i pochi risparmi compravo una sciocchezza da regalare ai familiari e il bigliettino di auguri che ci faceva piangere tutti; ricordo Peppino Sarina che mi regalava il torrone; ricordo tutto del meraviglioso mondo di una città amica che ho sempre amato e che oggi non riconosco più.
Lettera Firmata
6 luglio 2015