Coinvolte nell’inchiesta 30 aziende produttrici, 28 di trasporto e ben 65 persone. Solo questi tre dati dovrebbero far comprendere la gravità di una situazione che, come abbiamo scritto in un precedente articolo, sembra essere ampiamente sottovalutata dagli Amministratori pubblici, dal Comune di Tortona, dalle associazioni ambientaliste (se esistono ancora) e dalla popolazione.
Dal 2010 ad oggi nelle cave alla periferia di Tortona, secondo l’indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Torino, infatti, sarebbero arrivati rifiuti contenenti sostanze pericolose e nocive provenienti da ogni parte d’Italia, fra cui amianto, idrocarburi e chissà quali sostanze chimiche, che sono state mischiate e triturate insieme ad argilla e altre tipologie di rifiuti e poi interrate dentro le cave senza alcuna precauzione.
E’ tutto contenuto in un corposo dossier di oltre 1.600 pagine dove, grazie a numerosissime intercettazioni telefoniche, viene raccontato cosa succedeva nel Tortonese, che era diventato il centro di raccolta abusivo di numerose aziende chimiche liguri, ma non solo.
Per avere una minima idea di quanto fosse diffuso il fenomeno è sufficiente guardare il numero delle persone coinvolte nell’indagine: ben 65 tra amministratori e gestori di società, imprenditori, procuratori, presidenti dei Consigli di Amministrazione, e tanti altri.
Ma ciò che colpisce maggiormente e dà l’idea di quanto diffuso fosse il fenomeno, è l’ubicazione delle aziende coinvolte e la residenza degli indagati: 26 in provincia di Genova, 12 a Tortona e dintorni, 5 a Voghera e paesi limitrofi, 5 tra Novi Ligure e Arquata Scrivia, 3 in provincia di Savona ed altrettanti in quella di Reggio Emilia, 2 ad Alessandria, 2 a Milano e due in provincia di Salerno, oltre ad uno rispettivamente a Roma e nelle province di Brescia e Treviso. Chiude il quadro un indagato residente in Svizzera.
20 giugno 2015