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A Serravalle Scrivia lettura del XX canto dell’Inferno di Dante

Serravalle Scrivia, Benito Ciarlo e Andrea Chaves chiuderanno il ciclo annuale degli incontri dedicati a Dante presentandoci il Ventesimo Canto dell’Inferno.

Gli incontri riprenderanno nel 2015, dopo la pausa invernale, e verranno comunicati con largo anticipo.
Il Canto è interamente dedicato agli indovini della IV Bolgia ed è strutturalmente diviso in tre parti, dedicate rispettivamente alla presentazione di alcuni antichi indovini (Anfiarao, Tiresia, Arunte, Manto), all’ampia parentesi sulle mitiche origini di Mantova e alla presentazione di altri indovini (Euripilo, Michele Scotto, Guido Bonatti, Asdente). Il tema trattato è importante, poiché maghi e indovini si sono macchiati di un grave peccato di presunzione intellettuale con la loro folle pretesa di prevedere il futuro, cosa che è consentita solo a Dio e a nessuna creatura mortale: la loro pena è particolarmente crudele e dal chiaro contrappasso, dal momento che hanno la testa rivoltata all’indietro e sono costretti a camminare a ritroso per aver voluto vedere troppo avanti. La condanna da parte di Dante è netta, in quanto essi sfruttarono le arti divinatorie per trarne vantaggio personale e quindi sono degli imbroglioni; quanto agli indovini contemporanei che praticavano l’astrologia, va detto che il poeta non condanna questa scienza in quanto tale dal momento che la dottrina cristiana ammetteva gli influssi astrali, ma solo coloro che se ne servono per fare predizioni sugli eventi futuri. La sua reazione di fronte all’orribile spettacolo della Bolgia è di disperazione e pianto, soprattutto nel vedere la figura umana stravolta, ma Virgilio lo rimprovera duramente e lo ammonisce che l’unica pietà ammessa nell’Inferno è quella ben morta. Il rimbrotto del maestro è significativo, soprattutto se si ammette che il peccato che ha condotto Dante nella selva potrebbe essere di natura intellettuale, legato alla folle pretesa di arrivare alla verità solo attraverso la filosofia e la ragione, che qui è rappresentata proprio da Virgilio.

È il poeta latino a presentare al discepolo una serie di indovini, dapprima per sua iniziativa e poi su richiesta dello stesso Dante. I dannati si dividono nei personaggi mitologici-letterari e in quelli moderni, tra cui rientrano filosofi e astrologi come Michele Scotto e semplici indovini come Bonatti o Asdente; fra i primi ci sono soprattutto gli auguri, legati alle vicende mitiche della guerra contro Tebe (Anfiarao, Tiresia, Manto) narrate da Stazio nella Tebaide, o a quella storica della guerra tra Cesare e Pompeo (Arunte) narrata da Lucano nella Pharsalia, o ancora alla guerra di Troia (Euripilo) narrata da Virgilio medesimo nell’Eneide. Come è stato osservato, nonostante qualche incongruenza dovuta a errori di interpretazione da parte di Dante, sono tutti personaggi coinvolti a vario titolo in vicende belliche, proprio come gli astrologi moderni che fecero predizioni sulle guerre tra Guelfi e Ghibellini nell’Italia del Duecento. Da notare infine l’ampia e dettagliata descrizione dei luoghi che Dante mette in bocca a Virgilio per introdurre il luogo dove sorse la città di Mantova, che ha indotto a supporre che Dante ne avesse una conoscenza diretta (forse dovuta al fatto che al tempo della composizione del Canto era già stato ospite degli Scaligeri a Verona).

14 dicembre 2014

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