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Tortonesi ridotti alla fame come gli africani, uniti nella miseria di una società in fallimento

Quella che segue è una storia vera, un episodio avvenuto sabato al supermercato Gulliver di via Carducci, a Tortona, ma poteva accadere in qualsiasi città della provincia di Alessandria o nel resto del Paese.

L’unica differenza è che il protagonista di questo episodio ha voluto condividerlo col giornale, per raccontare a tutti i lettori di Oggi Cronaca una situazioone conosciuta ai più, ma non per questo da dimenticare.

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 “Perché anche oggi non mi dai niente?”

Il tono è pacato e gentile, anche se lo sguardo tradisce il malcontento. A domandarmelo è il giovane ragazzo africano che staziona vicino all’ingresso del supermercato, tra le porte scorrevoli ed i carrelli.

Scivolo via, a occhi bassi. Non posso risponderti, la verità mi brucia in gola e fa male.

Hai ragione, amico mio, ti ho sempre dato qualcosa, quando potevo farlo, quando l’euro che usavo per il carrello era più leggero sul bilancio famigliare.

Oggi anche quell’euro diventa importante per riuscire a mangiare. E’ un brutto periodo, quello verso la fine del mese, dopo che hai pagato le bollette, dopo che hai reso i piccoli prestiti grazie i quali un’anica gentile ti aveva aiutato a chiudere il bilancio il mese prima.

Oggi non ho usato nemmeno il carrello per entrare al supermercato.

Oggi, così come ieri, la visita al negozio era solo per spiare tra la merce messa in vendita a metà, o anche meno, quella che scade oggi o domani e che puoi comperare a prezzi stracciati perché   sta per scadere. Per cercare qualcosa di buono da comprare a poco prezzo, domani è domenica anche per chi non ha molti soldi.

Non trovando niente di scontato, prendo una scatolina di mentine, costa solo 29 centesimi…

La pago ed esco, per non fare la brutta figura di uscire a mani vuote.

Noi italiani diventati poveri abbiamo questo pudore di fondo, il voler cercare di salvare la forma, il far finta che “passavo per caso e…” , due parole cordiali con la cassiera per dissimulare il degrado che ci ha fatto cadere, in quel fango che per tanti diventa prima colla, poi palude, ed infine una trappola mortale.

Amico mio, mi dispiace tanto non poterti dare l’euro per rincorrere il tuo sogno. Ti prometto però che tornerò a farlo, quando l’incubo che oggi mi sta soffocando, finalmente finirà.

Lettera firmata


24 novembre 2014

 

 

 

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