Divieto di trasporto e di liberazione di piccioni sul territorio, divieto di fornire agli esemplari qualsiasi forma di cibo o cure, divieto di lasciare scarti alimentari per strada che possano costituire fonte di nutrimento agli stessi. Ma il bello viene ora: obbligo per tutti i proprietari di immobili interessati dalla presenza di comunità di piccioni, di“provvedere alla rimozione effettuando un’adeguata pulizia e disinfezione”. Si invitano oltretutto i proprietari di immobili non ancora nidificati, ad impedire con ogni mezzo che i piccioni trovino ricovero e spazio in tali edifici. Praticamente la legge impone ai cittadini di non nutrire i piccioni e di sbarazzarsene semmai nidifichino o frequentino la propria abitazione.
Non voglio dilungarmi in discorsi animalisti, perchè tanto dei piccioni in quanto esseri viventi senzienti, intelligenti, capaci di vita affettiva e comunitaria, non importa a nessuno. Nemmeno alla Lipu locale, e lo dico io che in barba alla legge comunale di piccioni ne ho salvati e nutriti parecchi quest’estate. Voglio fare un discorso che proponga una soluzione intelligente per i cittadini e per i piccioni stessi (perchè le soluzioni intelligenti immancabilmente garantiscono la convivenza armonica tra gli esseri viventi). Cominciamo sfatando un mito: solo l’!% delle malattie aviarie è trasmissibile all’uomo, quindi finiamola col dire che i piccioni portano le malattie; fossi in voi mi preoccuperei della vicina al bar che tossisce su tutte le brioches in vetrina. Le poche infezioni aviarie si trasmettono dalle feci secche, quindi basterebbe una buona pulizia delle strade e degli angoli della città. E se si volesse avvicinare un esemplare malandato e agonizzante basterebbero piccole precauzioni come guanti e mascherina e ogni rischio sarebbe scongiurato. Del resto, con l’enorme quantità di colombi nelle città italiane, fosse così facile ammalarsi a causa loro, avremmo gli ospedali stracolmi di degenti per infezioni aviarie; inutile dire che così non è.
Passiamo ora al secondo “mito” da sfatare: per risolvere il problema del randagismo e delle colonie di animali selvatici in città bisogna eliminarne gli esemplari. Questa metodologia oltre ad essere barbarica è assolutamente inutile. Ve lo dimostro facilmente: gli animali popolano un ecosistema quando in esso trovano sufficiente spazio e cibo per sopravvivere. Quando l’ecosistema raggiunge il numero massimo di abitanti oltre il quale le risorse non basterebbero a garantire la sopravvivenza dei singoli, la comunità in eccesso o si estingue o inizia a migrare altrove. Essendo il numero di piccioni del circondario indefinito e potenzialmente infinito, eliminare gli esemplari da Tortona significa renderla territorio appetibili ad altre comunità di piccioni innescando un circolo oneroso e totalmente inutile. Sterilizzare gli esemplari, invece, garantirebbe la drastica diminuzione di nuovi nati mantenendo però la presenza di piccioni in città che impedirebbe l’arrivo di ulteriori comunità da zone limitrofe. Praticamente si fa sì che il territorio resti “occupato” ma da esemplari incapaci di riprodursi. e questa logica vale per ogni tipo di randagismo come quello delle colonie feline, anch’esse sotto tutela e responsabilità comunali. Ma come sterilizzare i piccioni? Basta prendere esempio da città come Firenze e Ferrara che somministrato tramite il mangime posto in grandi voliere, delle pillole sterilizzanti che interdicono la capacità produttiva sia di maschi che di femmine.
Invito, in ultima istanza, l’ASL a prendere visione dei cadaveri di piccione che da qualche mese invadono la città, per capire la causa della morte e se necessario attuare piani disanificazione e vaccino, evitando così la presenta continua di carcasse putrescenti che tanto indignano le signore per bene.
Augurandovi che il vostro vicino di coda alla posta non vi attacchi l’Ebola, chiudo invitandovi a informarmi presso i veterinari esperti di fauna aviaria, sui reali pericoli e i reali danni che queste bestioline possono apportare alla vostra salute: praticamente zero.
E vi incoraggio ad avvicinarvi senza paura a loro quando li vedete spersi e sofferenti per strada, cercando, se non ve la sentite di sfamarli e curarli, almeno di spostarli in luogo protetto. Io ne ho avuti in casa molti, alcuni sopravvissuti altri vinti dalla malattia e dalla fame, e vi assicuro che sono creature capaci di affetto, riconoscenza e amore per la vita, cosa sempre più assente in altri esemplari: quelli di essere umano, per esempio.
Valentina Rubini di “Le metamorfosi di K.” Volontaria Leal – Tortona
20 ottobre 2014