Il tempo e il luogo sono imprecisati: l’ambientazione sembra quella degli anni sessanta, il luogo sembra l’Inghilterra, ma si tratta solo di supposizioni perché il regista Daniele Ciprì (E’ stato il figlio, il ritorno di Cagliostro) non ci fa capire in quale parte del mondo siamo, né in quale epoca anche se la visione di auto e pulman quasi anteguerra, i telefoni fissi e l’arredamento di una volta lasciano trasparire che non siamo certamente ai giorni nostri.
Il film è strutturato sulla falsariga di una fiaba-racconto e la trama non è certo di quelle esaltanti, anzi si trascina a tratti eccessivamente lenta. Una scelta effettuata apposta per descrivere alcune meschinità ed ingiustizie umane dei personaggi che la compongono.
Il film si regge quasi esclusivamente sulla grande interpretazione dei due personaggi principali: Sergio Castellitto e Rocco Papaleo, coadiuvati da un’ottima Valeria Bruni Tedeschi che a tratti sembra ripetere il personaggio che le ha valso il premio David di Donatello come migliore attrice ne “Il capitale umano”.
Un plauso particolare va alla fotografia: le scene con i colori sbiaditi o alcuni di particolare effetto, da sole meritano il prezzo del biglietto.
Sono però i due interpreti maschile a reggere tutto il film, una coppia di grandi interpreti grazie ai quali il film, seppur a tratti fiacco, appare qualcosa di singolare e diverso da quelli che siamo abituati a vedere sul grande schermo.
4 ottobre 2014