Site icon Oggi Cronaca

I dipendenti del Comune di Tortona, i sindacati, il dottor Sottile e i soldi pubblici…….

Spettabile Oggi Cronaca,

le stagioni non sono più quelle di una volta. Da quasi 40 anni non capitava più di vedere comparire lo spettro di un autunno “caldo” in un agosto “freddo”.

Il gioco di parole nasce dalla pubblicazione del comunicato stampa a firma UIL avvenuto sulle pagine del giornale nei giorni scorsi.

Ma allora i Sindacati esistono ancora! Ne ho sollievo. Temevo il peggio, vedendo che, a quanto pare,  non muovevano dito per i lavoratori ex ASMT a rischio di licenziamento.

Posso anche comprenderne il vibrante sdegno, così ben articolato in quel comunicato stampa. Un sentimento decisamente lodevole, levatosi a gran voce da parte di chi si pone a tutela i lavoratori, prestando i propri servizi sotto una sigla che si sostenta con i soli contributi sindacali provenienti dalle tessere dei propri iscritti…. O no?.

 

“Caro” Sindacato, quanto mi costi!



 Facendo due conti approssimativi, un lavoratore versa al sindacato in media circa 130 euro all’anno,  un pensionato 60. Con 6,3 milioni di iscritti distribuiti tra le tre maggiori sigle sindacali (CGIL, CISL e UIL), si possono stimare versamenti per circa 828 milioni, ai quali vanno aggiunti, indicativamente, altri 360 milioni, che provengono dalle tasche dei pensionati e da altri iscritti (ad esempio, i disoccupati). In tutto quasi un miliardo e duecento milioni l’anno nelle casse delle confederazioni sindacali che arrivano dai tesserati.

Per capire qualcosa in più su come funzionano i sindacati, mi rifaccio ai dati illustrati in un recente articolo del Corriere, dove venivano pubblicati i conti che un certo “Dottor Sottile” aveva fatto in tasca alle tre maggiori sigle sindacali. Il nome Giuliano Amato vi dice qualcosa? Ecco, proprio lui. Credo si possa convenire che Amato tutto può essere, eccetto che un informatore disinformato.

Noto per la sua capacità di esprimersi in alto politichese (incomprensibile ai più) nella relazione consegnata al governo Monti nel 2012, «Nota sul finanziamento diretto e indiretto del sindacato»,  Amato si espresse, una volta tanto, con grande chiarezza, identificando tre macro categorie di costo per lo Stato: i distacchi sindacali nel pubblico impiego, cioè lavoratori che fanno i sindacalisti ma continuano a percepire uno stipendio dall’amministrazione pubblica (113 milioni di euro l’anno); i fondi ai patronati, che assistono gratuitamente lavoratori e pensionati in particolare nelle pratiche previdenziali (430 milioni); i fondi ai Caf che si occupano invece di compilare e trasmettere le dichiarazioni dei redditi (170 milioni). 713 milioni di euro in costi che ricadono nelle nostre tasche di cittadini, tutti, indistintamente, a prescindere.

I Sindacati non sono soggetti a verifiche

Secondo l’ex premier, i distacchi sindacali nel pubblico impiego assommano assenze retribuite dal lavoro corrispondenti a 3.655 dipendenti (uno su 550) per un costo di 113,3 milioni di euro. Facendo due conti “alla buona” 113 milioni di euro diviso 3.655 dipendenti statali che svolgono anche l’attività’ di sindacalista, sono 31mila euro lordi l’anno, poco meno di 2.400 mensili lordi, circa 1.700 netti.

Sulle altre due voci, patronati e Caf, Amato sorvolava, poiché svolgono funzioni essenziali (quelle dei patronati sono riconosciute da sentenze della Corte costituzionale, oltre ad essere finanziati con i contributi versati dalle aziende all’Inps); per farla breve, questo servizio reso ai cittadini è giusto che debba essere remunerato dallo Stato. Fin qui, tutto bene. La nota dolente, è che questo servizio reso a spese dello Stato non sia sottoposto a verifiche di alcun tipo sulla qualità effettiva resa ai cittadini. Nessun ministro del Lavoro o dell’Economia ha mai sollecitato gli enti vigilati – da Inps a Inail all’Agenzia delle Entrate – a formulare regolamenti o irrorare sanzioni a chi quel servizio non lo svolga con efficienza e senza conflitto di interessi.

 

Difficile comprendere il significato delle ispezioni quando….

Appare allora spiegabile il motivo per cui, quando non si è soggetti ad alcuna verifica da parte del Ministero, si incontrino difficoltà nel comprendere il significato, oppure il contenuto, delle relazioni di ispezione. E non solo di questi ultimi, ma anche dei bilanci pubblici.

Sempre secondo l’interessantissima relazione di Amato,  i distacchi ed i fondi pubblici ai patronati e ai Caf, sono forme indirette di finanziamento, di cui non si trova traccia nei bilanci dei sindacati. Caf e patronati hanno infatti bilanci separati. Comunque, anche volendo  restringere il campo di osservazione ai soli  sindacati, non si troverà altro sui rispettivi siti che i bilanci delle confederazioni nazionali. Non esiste insomma il bilancio consolidato, articolato per le varie strutture sindacali, di categoria (metalmeccanici, chimici, pubblico impiego, ecc.) e territoriali (regioni, province, ecc.).

La motivazione? Essendo i sindacati delle forme di associazione di fatto, in quanto tali non hanno obblighi particolari. Ogni sigla ha piena facoltà di comportarsi come meglio crede. Tutto perfettamente legale, per i Sindacati nessun soldo “indebito”.

 

Gli immobili a me, le tasse a te

Un dato ulteriore che emerge dalla relazione di Amato è quello della florida situazione immobiliare di proprietà delle sigle sindacali. Cgil, Cisl e Uil hanno una ricchezza patrimoniale quantificata circa 3 mila immobili dichiarati dalla Cgil, 5 mila dalla Cisl e un numero imprecisato dalla Uil; quest’ultima sarebbe in possesso di immobili per un valore di 35 milioni di euro. Possibile, legale e lecito, grazie ad a una legge (la 902 del 1977) che attribuì loro – gratuitamente – il patrimonio dei disciolti sindacati fascisti.

Come sarebbe? I Sindacati, quelli stessi del comitato unitario antifascista, hanno accettato il patrimonio immobiliare dei disciolti sindacati fascisti? Ho capito bene? Ci pagheranno sopra le tasse, quelle stesse che soffocano i loro tesserati?

La risposta forse non tutti la conoscono, ma Amato la conosce bene. I Sindacati non dovevano pagare un solo euro di ICI. Questo grazie ad una legge, la numero 504 del 30 dicembre 1992 (in pieno governo Amato), che di fatto impediva allo Stato italiano di avanzare richieste fiscali ai sindacati.

E i soldi non percepiti dalle casse statali, con questa esenzione, sono stati davvero tanti. In base a queste cifre si può ipotizzare un “mancato introito” per lo Stato di qualche milione di euro, che avrebbe dato un po’ d’ossigeno al peso del debito pubblico. La legge, però, assimilava i sindacati alle Onlus, ossia alle organizzazioni di utilità sociale senza scopo di lucro. Senza scopo di lucro? I sindacati? Non sembra un paradosso? Eppure è tutto perfettamente legale, anche qui non si tratta di “soldi indebiti”.

Mi fermo qui. In attesa delle controdeduzioni che saranno presentate dal Comune ed eventualmente della decisione finale da parte del Ministero o della Corte dei Conti. Che piaccia o no ai Sindacati, i dipendenti, “comuni mortali”, sono soggetti a queste pronunce.

Fonte:

http://www.corriere.it/economia/14_maggio_08/ma-quanto-valgono-cgil-cisl-uil-12-miliardi-euro-317cab44-d697-11e3-b1c6-d3130b63f531.shtml

La Tortonese Indignata

10 agosto 2014

Exit mobile version