Per il 10 settembre sono annunciati i tentativi di esproprio di due luoghi simbolo del Movimento antitav: il presidio di Arquata che sorge su una piccola proprietà acquistata un anno fa da cento aderenti al Movimento e nel boschetto di Moriassi, proprietà di Sandro, che è morto di recente dopo anni di lotta a difesa dei valori legati al territorio che comprende Serravalle,Libarna e Arquata.
NO TAV non significa solo resistenza contro opere a nostro avviso inutili, devastanti e costosissime; significa soprattutto lotta per un modello sociale ed economico senza depredazione dell’ambiente, senza le merci al primo posto, senza disuguaglianze. Modello nel quale non ci sarebbe nemmeno spazio per discutere di proposte come quella del settimo valico ligure, detto curiosamente dai progettisti “Terzo valico”
I progettisti ci raccontano che:
– i costi sono chiari e completi, compatibili con le risorse del paese, finanziati in parte dallo Stato e dalla UE e finanziabili per la parte rimanente in un futuro prossimo
– i danni ambientali sono prevedibili e non devastanti e, qualora risultassero più gravi, in qualche modo si provvederà
– il traffico merci al porto di Genova è in aumento per cui l’unico modo per trasportare milioni e milioni di container a Rotterdam è la costruzione di una nuova ferrovia ad alta capacità e alta velocità
– la nuova linea è strategica e decisiva per non lasciare l’Italia fuori dal movimento internazionale di merci e inoltre si candida come piattaforma logistica per avviare verso il nord Europa ciò che giunge dall’Asia attraverso il canale di Suez
– il riequilibrio del trasporto merci su strada e ferrovia, con larga preminenza di quest’ultima, è possibile solo con infrastrutture ferroviarie ad alta velocità.
E invece a nostro avviso:
– la realizzazione del progetto avrebbe costi improponibili, a nostro avviso almeno il doppio dei sei miliardi di euro ventilati. Creerebbe nuovo debito pubblico essendo tutto a carico dello Stato senza un cent. messo dai privati e dall’Europa; il tutto con l’assistenza dell’ingegneria finanziaria che insegna come spendere risorse non disponibili
– produrrebbe gravissime devastazioni ambientali, come già cominciamo a vedere da alcuni mesi a questa parte
– non risponde affatto all’obiettivo tanto sbandierato di trasferire le merci dalla gomma alla rotaia
– si basa su previsioni di traffico container concettualmente e volutamente sbagliate
– non dichiara quali sarebbero le scelte di politica dei trasporti che lo accompagnerebbero se fosse realizzato
– sottostima fortemente l’attuale capacità di trasporto merci delle linee storiche che secondo Moretti, ex AD delle ferrovie, sono utilizzate sotto il 60% della disponibilità.
In una fase come questa, attraversata da una gestione della crisi economica che lascia sprofondare nella miseria milioni di persone e soprattutto annulla il futuro dei giovani, questo progetto ripropone gli elementi di un modello di sviluppo il cui fallimento è già certificato:
– si fonda sull’ideologia della crescita senza limiti in un pianeta dalle risorse finite
– definisce benessere la produzione ridondante e la circolazione insensata di merci
– usa i beni ambientali come fattore di produzione a basso costo e ne distrugge il valore collettivo
– destina ad opere inutili soldi pubblici sottratti alla spesa sociale
– privilegia interventi faraonici e trascura la manutenzione, la miglioria e gli interventi essenziali per conservare il territorio, ricuperare gli sprechi energetici, creare nuova occupazione di qualità.
Antonello Brunetti
17 agosto 2014