L’11 maggio 1979 esplose il reparto del cloruro di alluminio e morirono due operai. Nella fabbrica avveniva il 65% della produzione mondiale di questo composto e si temeva per le sorti dello stabilimento, ma soprattutto si tornò a chiedere a gran voce all’ACNA il rispetto delle leggi, per la sicurezza dei lavoratori e degli abitanti della zona.
Iniziò probabilmente in quel allora una serie di vicende di inquinamento alla Valle Bormida che nel 1999 portarono alla chiusura dello stabilimento.
Oggi a distanza di 35 anni la Regione Piemonte, nell’ambito dell’iniziativa proposta dal Ministero dell’Ambiente per giungere ad una soluzione transattiva della causa pendente davanti al tribunale civile di Genova nei confronti della Syndial Spa., ha individuato, in linea con gli orientamenti dell’Unione europea sul danno ambientale, le misure di riparazione complementari e compensative del danno ambientale causato dall’ACNA di Cengio.
Lo ha spiegato l’assessore all’Ambiente, Alberto Valmaggia, sabato pomeriggio ai sindaci dei paesi interessati e ai presidenti delle Province di Alessandria, Cuneo ed Asti, convocati a Cortemilia per un incontro informativo sul lavoro svolto finora dalla Regione, che ha aderito alla proposta del Ministero, fornendogli il supporto tecnico per l’individuazione delle misure di risarcimento.
“Ben prima di tale atto – ha aggiunto Valmaggia – la Regione, con un processo avviato nel 2011, aveva dato vita allo strumento del Contratto di fiume, con l’obiettivo di definire, in modo condiviso e partecipato, un piano di riqualificazione ambientale, sociale ed economica della Valle. Dai tanti tavoli attivati era emersa la volontà di partire dal fiume per invertire la tendenza al degrado del territorio: proprio il fiume “pulito e sicuro” può diventare l’opportunità per una nuova politica di valorizzazione e di sviluppo dell’intera area”.
La richiesta unanime che è emersa in tutti gli incontri successivamente organizzati è che il risarcimento della Valle Bormida non sia una simbolica somma di denaro per portare a termine una vertenza giudiziaria, bensì un significativo contributo per la realizzazione di opere concrete che costituiscano un ristoro per le comunità colpite dal danno ambientale, attraverso un meccanismo di investimenti che possa dare sollievo a un territorio che ha subito un impoverimento economico e uno spopolamento demografico.
Nel rispetto dei ruoli esercitati dalle amministrazioni statali e da tutti gli attori in gioco, la Regione ha offerto il proprio contributo alla definizione delle opere da realizzare attraverso un attento ascolto e confronto con le istanze e le naturali aspettative del territorio, arrivando a definire un programma di interventi che la Syndial Spa dovrebbe promuovere, diviso in cinque filoni:
1.misure per il miglioramento quali-quantitativo della risorsa idrica e dell’ecosistema fluviale;
2. misure per la messa in sicurezza del territorio;
3.misure per creare le condizioni favorevoli per l’attività delle aziende agricole;
4.misure per lo sviluppo locale della Valle – prodotti tipici, turismo, banda larga, filiera bosco-energia;
5. misure di ricostruzione dell’immagine della Valle.
“Ora – dicono in Regione – l’obiettivo è capire se si riesca a chiudere la transazione con la società in modo soddisfacente e ad evitare così il proseguimento dell’iter giudiziale. Solo allora si potrà ragionare sulle priorità di azione sulla base del potenziale economico ed ambientale che ciascun intervento, se prescelto, sarebbe in grado di introdurre nel sistema ambientale e socio-economico della Valle. Naturalmente sempre in un rapporto di costante dialogo con il territorio”.
20 luglio 2014