La famiglia Civalieri è originaria di Casale ha origini antichissime. Il primo nome riportato dalle cronache è quello Ambrogio Civalieri apparso poco dopo la metà del XV° secolo con un importante incarico a Milano. La sua dinastia non è da meno, i discendenti sono persone di spicco, fra tutti emerge Pietro Civalieri
Compiuto il dodicesimo anno d’età è a Roma presso il Collegio Clementino, fondato dallo zio Antonio; nella Città Eterna completa gli studi all’Accademia Ecclesiastica della Sapienza.
Ritorna in Alessandria dove ha incarichi di rilievo tanto da essere incluso nella delegazione presieduta dal marchese Ambrogio Ghilini, composta dal cugino, il barone Gaspare Boidi i quali, a loro spese sono, andati a Parigi a nome della bonne Ville d’Alexandrie, ossia a nome della migliore società alessandrina, un incarico di prestigio tale da essere stato decorato all’Ordine della Riunione, una delle massime onorificenze della Francia.
Il nostro Pietro, in conseguenza della visita nella Capitale francese, ha ottenuto l’incarico di Guardia d’Onore al Sovrano Napoleone I, nonché Cavaliere dell’Impero di Francia, titoli idonei per accedere alla vita pubblica alessandrina di cui è stato un oculato amministratore.
Egli è descritto dalle cronache alla stregua di un … bel giovanotto, dallo sguardo limpido e fiero,… con speranze e illusioni; i suoi scritti rispecchiano un umorismo malizioso, improntato sulla cultura del mille settecento.
È il periodo in cui s’appassiona agli studi di storia della Patria, per soffermare l’attenzione sulla vita di Alessandria.
Le sue pagine hanno sapore di raffinato sarcasmo, dedica ampio spazi ai costumi, ai comportamenti dei nobili, è molto incisivo quando si sofferma su racconti di vicende drammatiche realmente accadute, una maniera per soffermare il suo riflettore su eventi scandalosi, ridicoli dove emerge tutta la sua vena di spensierato scrittore, non per nulla è stato paragonato a Fausto Bima del suo tempo.
Il nipote Alberto, forse imbarazzato, ha posto il vincolo della riservatezza ai diari dello zio, ritenuti dagli studiosi un patrimonio da non disperdere in quanto sono lo specchio della vita quotidiana, di tutti i giorni, compresa fra il 1700 ed il 1800, si tratta di appunti estesi in senso lato tali da coinvolgere l’intera popolazione dalle autorità, ai nobili, alla borghesia, agli avvocati, agli artigiani, alle persone umili, ai contadini, a tutte le classi di quell’epoca, nessuna esclusa, trattate senza privilegi dalla sua infame, eppure obiettiva penna.
Franco Montaldo
27 giugno 2014