Il problema è tutt’altro che banale ed è stato sollevato dall’ambientalista Annamaria Agosti in una delle sue lettere inviate alla redazione e merita di essere posto all’attenzione, soprattutto perché stiamo parlando di una cava che potrebbe ospitare lo smarino del Terzo Valico. Parte della cava, a quanto pare, è stata coperta, ma i documenti ufficiali non dicono con quale materiale e soprattutto cosa c’è sotto.

Vista la nota vicenda dei bidoni e di tante altre sostanze c’è da preoccuparsi.

La lettera ha sollevato un quesito per cui saremmo veramente contenti se il Comune o i gestori della cava ci scrivessero e – documenti alla mano – dicessero chiaramente quale materiale c’è sotto questa copertura, rassicurando i cittadini.

Lo faranno?

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cava - I Egregio Direttore,

la cava Castello Armellino, da tempo argomento di cronaca in quanto inserita nel piano cave per il Terzo Valico, fa, ancora una volta parlare di sé, e questa volta non per i possibili futuri conferimenti dello smarino, ma per altro.

L’esame dei documenti apre alcuni interrogativi inquietanti; senza arrivare subito alle conclusioni, andiamo con ordine, esaminando nel dettaglio le informazioni di pubblica consultazione.

 

Albo Pretorio del Comune di Tortona, 26 maggio 2014: viene pubblicato al cronologico 2014/763, l’atto a titolo “LEGGE REGIONALE N.69/78- COLTIVAZIONE CAVA IN LOCALITÀ CASCINA ARMELLINO: DITTA XXXX – SANZIONE AMMINISTRATIVA”.

 

L’esame del documento opera una ricostruzione dei fatti ricca e particolareggiata: con deliberazione di Giunta Comunale del 16 ottobre 2012 e successiva deliberazione di Consiglio Comunale del 22 ottobre 2012 veniva concessa l’autorizzazione alla coltivazione di una cava di sabbia e ghiaia sita in località Castello Armellino del Comune di Tortona, e più in particolare, sui terreni catastalmente distinti Fg. 1 mappali 40 – 43 – 44 – 45 – 59 – 60 e 67; tra le prescrizioni imposte all’atto del rilascio di tale provvedimento era stato stabilita la presentazione di polizza fideiussoria a garanzia dell’esecuzione delle opere di recupero ambientale progettualmente previste e prescritte in autorizzazione, fissandone l’importo in €1.276.673,24 e disponendone la presentazione prima dell’inizio delle operazioni pena l’inefficacia dell’autorizzazione stessa. Successivamente, con deliberazione di Giunta Comunale n.51 del 15/04/2014, atteso che nel frattempo le opere di

coltivazione mineraria non erano ancora state avviate, veniva accolta l’istanza di

rideterminazione del valore di tali garanzie, fissandole in relazione al primo dei lotti lavori previsti nel progetto ad una valore pari ad €236.961,41, fermo restando che queste si sarebbero dovute prestare prima dell’inizio delle operazioni pena l’inefficacia dell’autorizzazione stessa.

 

Tradotto dal “burocratese”: la Giunta (oramai uscente) accordava un “frazionamento” sul valore complessivo della polizza fidejussoria (di 1.276.673 euro) “accontentandosi” di un “acconto” di 236.961 euro.

A voler essere maliziosi, qualcuno potrebbe pensare: “Pur di far cassa, ci si accontenta dei famosi pochi, maledetti, ma subito?”.

Per certo non ci è dato saperlo.

I lavori di scavo, inizano, ma è stata poi presentata la fidejussione, la denuncia di esercizio dovuta, nominato il Direttore dei Lavori ed il preposto Sorvegliante, nonché il previsto Documento di Sicurezza e Salute?

Sembra di no, ed infatti lo si è scoperto in seguito al sopralluogo alla cava eseguito il 20 maggio scorso. da personale tecnico del Settore Territorio e Ambiente del Comune di Tortona, congiuntamente al Corpo Forestale dello Stato ed a tecnici ispettivi della Provincia di Alessandria, con tanto di rapporto redatto, in pari in data, da questi ultimi.

Le verifiche hanno permesso di accertare che il privato, titolare della concessione, pur non

avendo adempiuto alle necessarie comunicazioni e depositi documentali previsti, ha di fatto iniziato i lavori effettuando scavi sul lato nord-ovest dell’area di cava con conseguente asporto del materiale estratto, successivamente trasportato con autoarticolati al cantiere di Cassine.

Dal sopralluogo emerge altresì che “gli scavi sono stati chiusi ed i luoghi ripristinati tramite lo spianamento del materiale vegetale di scotico precedentemente accantonato in sito”.

Il tutto finisce, sotto il profilo burocratico-amministrativo, con la revoca dell’autorizzazione a coltivare la cava, e la comminazione di una ammenda pecuniaria pari a 1.032 euro

 

Fin qui, l’esposizione dei fatti “nudi e crudi” secondo quanto pubblicato nei documenti ufficiali.

Ora, le domande. Le perplessità. I dubbi. Gli interrogativi.

Di quanto presente in superficie, il sopralluogo ha visto, preso atto, valutato e messo a verbale.

Io mi domando: e sotto?

Sotto quello “spianamento del materiale vegetale precedentemente accantonato” cosa c’è, a riempire il vuoto lasciato dalla ghiaia asportata?

Nessuno se lo domanda? Io me lo domanderei, prima di scaricarci sopra 1.500.000 di metri cubi di smarino contenente (con altissima probabilità) fibre di amianto ed additivi schiumogeni pericolosissimi.

I bidoni di Carbonara, così in auge durante la campagna elettorale appena conclusa, non insegnano più nulla?

Annamaria Agosti



7 giugno 2014

cava - G