Sembra argomento tabù per tutti, e quasi nessuno ne parla ma la situazione non deve essere sottovalutata. Parliamo dei depositi di scorie nucleari, dei treni e dei camion che li trasportano e  transitano regolarmente  sul territorio tortonese. Un problema di grosse dimensioni, che se non andiamo errati, nessuno dei cinque candidati a sindaco di Tortona  ha affrontato nei vari discorsi pubblici.

Crescentino, Saluggia, Caorso e Boscomarengo: 4 depositi di scorie, l’ultimo dei quali a poco più di 15 Km da Tortona di cui non si sa più nulla.

Un problema scottante che viene affrontato in una lunga lettera in redazione in cui Annamaria Agosti effettua la disamina della situazione nazionale e locale da  di cui oggi proponiamo la prima parte.

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Egregio Direttore,

torna di attualità il tema “nucleare”. Da quanto si apprende da fonti ufficiali, infatti, pare che siamo oramai in dirittura d’arrivo per la realizzazione del deposito nazionale delle scorie; l’ubicazione esatta non è ancora stata comunicata, ma il transito dei vari “rifiuti nucleari” interesserà, ahinoi, inevitabilmente il nostro territorio. Vediamone il perchè. Ma, prima ancora, una premessa. Tutto il materiale proposto in questa ricerca è frutto del mio lavoro come ambientalista indipendente, e tengo a ribadire che il nucleare non può essere una battaglia confinata ad una singola bandiera di partito o associazione, bensì deve essere una battaglia di civiltà di (e per) tutti i cittadini; ritengo, pertanto, che tali argomentazioni possano incontrare ampia condivisione all’interno di ogni tipologia di schieramento politico “di buona volontà”, ma basterebbe anche solo “di buon senso”.

La centrale nucleare di Trino Vercellese

La centrale nucleare di Trino Vercellese

 

Il Piemonte è la terza regione a livello nazionale per il quantitativo di rifiuti radioattivi presenti, la prima (e non c’è da vantarsene!) per il livello di radioattività ad essi associata. Ciliegina sulla torta, a ridosso dell’alessandrino insiste il territorio emiliano, con Caorso, che detiene l’81% della radioattività derivante da combustibile irraggiato sull’intero territorio nazionale. Rammento che questa ex centrale si trova a soli 80 Km da Tortona, 100 da Alessandria. Direi che questi pochi dati sono, già da soli, più che sufficienti per essere almeno “sensibili” all’argomento.

Nel 1987, in occasione del referendum, 27 milioni di italiani dissero “no” al nucleare. Non è bastato, però, spegnere i reattori, per dire che l’epoca nucleare in Italia sia terminata. Le scorie radioattive rappresentano un argomento talmente scottante per tutti i paesi industrializzati che producono (o come l’Italia, hanno prodotto) energia tramite l’uso del nucleare, da far sì che ogni notizia riguardo la loro presenza e le complesse metodiche concernenti il loro smaltimento, venga, inspiegabilmente, epurata dal palinsesto dei maggiori media e relegata nel novero di quelle informazioni che, pare, debbano passare sotto silenzio.

Un eco-mostro che sorgerà in….



scorie nuicleari - INel deposito nazionale dovranno essere collocati i rifiuti che oggi sono distribuiti in una cinquantina di impianti provvisori, ubicati in venti località diverse, inizialmente concepiti per tutt’altra destinazione. Oltre alle quattro centrali atomiche in smantellamento a Caorso, Latina, Garigliano (Caserta) e Trino Vercellese, ci sono il polo atomico di Saluggia (Vercelli) con gli storici reattori sperimentali della Fiat ed i centri ricerche dell’Enea, i laboratori europei di Ispra (Varese) e il centro Enea della Casaccia (Roma). Ma ci sono anche i depositi nucleari “della porta accanto”, come il reattore sperimentale e il deposito nella zona di Milano Lambrate o il deposito CANRC di Termoli (2mila fusti di materiale radioattivo stipati in una cantina condominiale in totale assenza di condizioni di sicurezza) .

 

Il volume di rifiuti radioattivi italiani è pari a circa 90.000 metri cubi. 25mila metri cubi sono quelli attuali e 65.000 quelli che deriveranno dal rientro delle scorie inviate in Francia per la vetrificazione. A questi si andrà ad aggiungere una produzione media annuale dalle attività di medicina nucleare, ricerca e processi industriali, compresa tra i 500 e i 1000 metri cubi all’anno.

 

Si è quindi giunti alla conclusione che per completare lo smantellamento degli impianti nucleari occorra prima realizzare il Parco tecnologico e il deposito nazionale, destinato ad ospitare i rifiuti radioattivi provenienti sia dal decommissioning che dalle ordinarie attività di medicina nucleare, industriale e di ricerca. Dunque, a breve, sarà individuato un sito dove realizzare il deposito unico nazionale per il trattamento dei 90mila metri cubi di scorie italiane: 65mila provenienti dallo smantellamento delle centrali nucleari (le scorie delle centrali dell’Enel che, dopo il ritrattamento, stanno per tornare dalla Francia vetrificate) ed i 25mila già stoccati nei diversi siti nazionali.

Messi sotto pressione dalle leggi europee e dai contratti in scadenza con i Paesi a cui abbiamo affidato i nostri rifiuti, i tecnici della protezione ambientale hanno messo nero su bianco i criteri per realizzare il Deposito Nazionale delle scorie. Un’opera da finanziarsi con un aumento della bolletta elettrica. Lo sapevate? Fin dal 1989 i cittadini italiani hanno iniziato a pagare, attraverso un’addizionale sulle bollette Enel, i cosiddetti “oneri nucleari” destinati in un primo tempo a compensare l’Enel e le altre società collegate per le perdite conseguenti alla dismissione delle centrali.

Inoltre l’attività di dismissione delle centrali viene finanziata dai contribuenti attraverso la componente “A2” della tariffa elettrica (in sostanza, con la bolletta della luce). Lo hanno stabilito il Decreto interministeriale 26 gennaio 2000, la legge 83 del 2003 e il decreto interministeriale 3 aprile 2006.

A partire dal 2001, e fino al 2021 questi fondi confluiscono alla SOGIN. Al termine di questo periodo, i cittadini avranno pagato una cifra, secondo alcune stime, di ben 11 miliardi di euro. Tutto sembra deciso, finanziato e pianificato, insomma. Resta solo da definire la questione chiave: dove verrà realizzato il deposito nazionale delle scorie?

La creazione di un’unica discarica per i rifiuti nucleari è richiesta da una direttiva europea, recepita con il Decreto legislativo n. 45 del 4 marzo 2014. Il Deposito Nazionale delle scorie nucleari “sarà grande come un campo di calcio e alto come una palazzina di cinque piani”: così la Sogin, azienda pubblica che gestisce l’eredità nucleare italiana, descrive il sarcofago destinato ad assicurare l’oblio dei nostri rifiuti atomici. Un sepolcro che dovrà resistere intatto per almeno tre secoli, se vogliamo evitare disastri. Perché dentro la struttura, che secondo i progettisti alla fine dovrebbe assomigliare ad una innocua collina d’erba, saranno rinchiusi 90mila metri cubi di rifiuti: quelli derivanti dalle vecchie centrali dismesse, e quelli che si continueranno a produrre con la medicina, l’industria e la ricerca. Migliaia di fusti metallici verranno riempiti di materiale radioattivo, inseriti in una gigantesca cassa di cemento armato e ricoperti di terra argillosa. Un’impresa di cui si parla da decenni, tra ritardi e battute d’arresto. E che ora, pare, sia arrivata alla svolta decisiva.

 

Teniamo presente che, qualsiasi sarà la sua ubicazione, la questione “Deposito Nazionale” ci riguarda comunque. Poiché – comunque – le scorie ed il combustibile irraggiato (se pur vetrificato) dovranno transitare, obbligatoriamente, attraverso il nostro territorio. Dalla mappa dei depositi temporanei, è evidente come la nostra posizione geografica sia proprio “nel bel mezzo” di qualsivoglia itinerario possibile ed immaginabile.

 Annamaria Agosti

24 maggio 2014

scorie nucleari - G

Un deposito di scorie nucleari

Un deposito di scorie nucleari