Ezio Scrivanti diplomato alla Scuola Magistrale ha dedicato un’intera esistenza all’insegnamento preparando intere generazioni di giovani con l’attaccamento profondo all’insegnamento
Il Maestro delle elementari è già di per sé un personaggio, poi se dotato dell’opportuna autorevolezza diventa davvero un esempio per la vita futura degli allievi.
Il Maestro Ezio Scrivanti è stato uno di questi. Sostenuto dalla fede ferrea ha impostato la sua esistenza fra i banchi di scuola impiegando autorevolezza, rigore ogni giorno.
La sua figura esile appariva ancor più scarna con l’immancabile rigoroso grembiule nero, indossato prima di avvicinarsi alla cattedra per affrontare le lezioni confortate dal conforto della preghiera, per tutti nessuno escluso, un rito ripetuto prima di lasciare l’aula ogni giorno.
Il primo lavoro, da svolgere di ogni mattina, erano le immancabili osservazioni sul tempo, seguite dalle interrogazioni, lo sguardo attento ai compiti assegnati la lezione precedente, sempre disponibile a spiegare i concetti non recepiti anche da uno solo dei suoi allievi, almeno così avveniva nell’aula della Scuola Elementare, dedicata ad Edmondo De Amicis
La passione del Maestro era l’arte figurativa, dedicava molta attenzione al disegno comunque; nei mercoledì liberi dagli impegni scolastici, radunava i suoi allievi per accompagnare la scolaresca in visita alle mostre d’arte; in particolare s’andava a: La Maggiolina, forse l’unica della città, la galleria posta nel centro di Alessandria all’angolo di corso Roma con via Modena, gestita dai coniugi Mensi.
Il percorso era un viaggio meraviglioso attraverso ogni opera in esame. Il Maestro spiegava, aveva la consapevolezza di interpretare il pensiero dell’autore, a volte invogliava gli alunni a copiare dai Grandi le insigni opere, raccontando le difficoltà incontrate quando lui stesso s’accingeva in un’impresa di tale livello.
La visita all’esposizione aveva il sapore di cose nuove, alla stessa stregua di quando si usciva dalla sala per andare alla ricerca degli angoli alessandrini poco noti, un’esperienza fantastica poiché s’incontravano impensati angoli fra i più suggestivi, con la loro storia, le loro caratteristiche architettoniche, dove una scala, un fregio, un’icona avevano ed hanno tuttora un significato ben preciso.
Erano momenti di riflessione sul passato, sulle cose nascoste della nostra Alessandria.
E, quando andai a trovarlo pochi mesi prima del suo decesso, aveva disegnato in tre righe, dico solo tre righe: piazza Matteotti, via Marengo, il napoleonico platano, fino al ponte sul Bormida nonché, in primo piano, il monumento equestre da erigere appena dietro l’arco.
Franco Montaldo
19 marzo 2014