C’è forse sotto qualcosa? Da dove proviene quel terreno? Non è che ha seguito un percorso poco chiaro e irregolare?
Sono le domande che sorgono spontanee leggendo la delibera sulla bonifica della ex cava cascina Aliprandina.
Il Comune infatti, ben agendo, ha bloccato l’intervento convocando una conferenza dei servizi.
Annamaria Agosti ha avuto la voglia di spulciare gli atti della conferenza dei servizi e della determina e ci ha scritto la lettera in redazione che pubblichiamo di seguito.
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Egregio Direttore,
Si complica lo scenario che ruota attorno alla procedura di bonifica alla ex cava Cascina Aliprandina, dopo che, nel dicembre 2012, un sopralluogo dell’ARPA ha evidenziato nel terreno un “inquinamento diffuso”, costituito da idrocarburi pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti, presenti sia nel suolo superficiale che nel suolo profondo.
Nella conferenza dei servizi appositamente convocata lo scorso 13 febbraio, è stata infatti bocciata l’analisi di rischio redatta dalla Società BP SEC e commissionata dalla ditta incaricata dei lavori di riempimento con terre e rocce da scavo. Provincia, ARPA ed ASL hanno ritenuto inaccettabile la proposta avanzata da BP SEC di circoscrivere le opere di bonifica unicamente al suolo superficiale.
Secondo Cristiana Monferrato dell’ARPA Piemonte “Le terre e rocce da scavo conferite non sono conformi ai limiti imposti dalle vigenti normative. La contaminazione interessa non solo l’area in esame, ma anche l’esterno della stessa” ed individua nel terreno di riporto la sorgente primaria della contaminazione, stigmatizzando come nell’Analisi del rischio non sia stata considerata la distinzione tra il terreno di riporto (quello utilizzato nel riempimento della cava) e quello già presente in sito, oggetto di contaminazione successiva (il terreno naturale posto sotto tali terre e rocce e risultato anch’esso inquinato).
Gli atti della Conferenza citano livelli oltre la soglia di legge per idrocarburi C>12, nichel, piombo e cromo esavalente, riscontrati nelle analisi del suolo profondo. Sono ben noti e documentati i potenziali rischi per la salute dovuti a questi metalli pesanti, in particolare quelli a lungo termine come i possibili effetti cancerogeni e quelli a carico del sistema nervoso, che possono essere indotti da livelli di concentrazione/dose anche bassissimi
Fermo restando le congrue azioni pianificate dalla Conferenza dei Servizi, che prevedono la rimozione del materiale da scavo finora conferito ed il conseguente smaltimento e/o recupero presso impianti specifici, rimane in sospeso solo un piccolissimo interrogativo.
Se il conferimento di terre e rocce da scavo è soggetto all’obbligo di tracciabilità, la documentazione fiscale di accompagnamento dei carichi dovrebbe rendere agevole l’individuazione del cantiere di provenienza di questi materiali che si sono rivelati inquinati, no?
Annamaria Agosti
19 febbraio 2014