Con queste parole il presidente il direttore della Coldiretti alessandrina Roberto Paravidino e Simone Moroni plaudono alla decisione dell’Italia di partecipare al gruppo di dodici Paesi che chiedono formalmente alla Commissione Ue di ritirare la proposta che autorizza la coltivazione del nuovo mais transgenico 1507.
L’Italia che è leader europeo nella qualità e distintività delle produzioni agricole ha il dovere di porsi a capofila nelle politiche di difesa del territorio dalle contaminazioni: proprio per questo, la Coldiretti si sta battendo da molti anni contro il modello produttivo omologante, basato sull’impiego di organismi geneticamente modificati, rafforzando l’esigenza di un’agricoltura di qualità, orientata al mercato, ma fortemente legata al territorio, che sappia dare il giusto valore alla trasparenza delle produzioni, come l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della componente agricola impiegata, per favorire i controlli, consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli e per valorizzare il Made in Italy in tutto il mondo.
Mangiare bene e sano: questo permette l’Italia. Con la straordinaria varietà dei suoi prodotti agroalimentari di qualità, legati ai territori, genuini, ricchi di storia, che tutto il mondo apprezza, compera e cerca persino di imitare. Ponendo l’agroalimentare, il cibo e la sua genuinità, al centro del proprio sviluppo, il nostro Paese, anziché subire i vincoli internazionali, può contribuire in modo originale a quella globalizzazione multiproduttiva e democratica di cui c’è bisogno. Lo stesso principio vale per l’Unione Europea.
“In questa prospettiva gli Ogm sono incompatibili e inaccettabili – affermano il presidente e il direttore della Coldiretti Roberto Paravidino e Simone Moroni – sarebbero economicamente non convenienti e, per di più, ci priverebbero, omologandoci, della eccezionale originalità dei nostri prodotti. La scelta di non utilizzare Ogm non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma riguarda una precisa posizione economica per il futuro di una agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori. In questo contesto, è fin troppo evidente che il modello produttivo cui appare orientato l’impiego di organismi geneticamente modificati sia il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell’omologazione”.
Un livello di scetticismo che porta otto italiani su dieci a dire “No agli Ogm”: uno scetticismo elevato nonostante il rincorrersi di notizie miracolistiche sugli effetti benefici delle nuove modificazioni genetiche effettuate su animali e vegetali in laboratorio: dalla mela che non annerisce al pomodoro viola contro le infiammazioni, dal supersalmone ad accrescimento rapido al riso ipervitaminico, dalle patate fritte superesistenti ai parassiti, fino al latte materno da mucche transgeniche.
“E non va dimenticata l’importanza economica per i nostri produttori – concludono Paravidino e Moroni – di poter vantare prodotti agroalimentari che si possano contraddistinguere a livello globale proprio per le loro caratteristiche genetiche non manipolate, allontanando il rischio di una replicabilità che ci metterebbe ancora più in difficoltà nel difendere l’autentico made in Italy che nasce dalle nostre campagne”.
Dall’impegno per la difesa del Made in Italy dipendono la sovranità alimentare italiana, la salvaguardia del nostro patrimonio agricolo, la sua continuità nel futuro, la salute dei cittadini.
14 febbraio 2014