Quello che è andato in scena venerdì mattina poco prima delle 11 nella sala consigliare del Comune di Alessandria altro non è che l’ultimo capitolo di un dramma che riguarda tutta la città.
Per ora coinvolge circa 130 lavoratori di Aspal e Costruire insieme, società partecipate dal Comune la cui fine sembra segnata. E con la fine delle società anche quella (probabile) degli stessi dipendenti la maggiorparte dei quali non avranno più un posto di lavoro.
La parola licenziamento non è stata pronunciata, ma alle pressanti richieste su cosa succederà alle due aziende in generale e ai 26 lavoratori che il 31 marzo rimarranno senza cassa integrazione ed ammortizzatori sociali, l’assessore non ha saputo rispondere, anzi, ha dichiarato che si prende tutte le responsabilità.
Se 26 famiglie rimarranno senza lavoro, quindi, la responsabilità sarà del Comune di Alessandria.
E questo potrebbe essere solo il primo mattone che si sgretola da “castello” delle società partecipate che si sta disgregando.
Un sogno in frantumi di una città in ginocchio. Sarà anche vero, come dice il sindaco Rita Rossa, che il bilancio è ormai in pareggio e la città sta uscendo dalla crisi, ma il prezzo che Alessandria sta pagando è altissimo in termini occupazionali e a livello economico.
Il dramma che si è consumato venerdì mattina in municipio, infatti, non riguarda solo 130 lavoratori in predicato di rimanere a casa, ma tutta la città di Alessandria perché è lo specchio di quello che è diventata una città che fino a pochi anni fa era fiorente, ricca di manifestazioni di grande livello, con un sindaco amato dalla gente, lavoratori soddisfatti, negozi sfavillanti, economia fiorente.
Non sapremmo mai se in caso di vittoria di Piercarlo Fabbio alle elezioni di due anni fa le cose sarebbero andate in un altro modo o se il dissesto era inevitabile come afferma l’attuale sindaco, fatto sta che la situazione occupazionale di Alessandria è gravissima.
UNA CITTA’ IN GINOCCHIO
La città è in ginocchio. In ogni senso: dal punto di vista occupazionale e strutturale. Basta passeggiare le vie della città, osservale le buche lungo le strade, i negozi chiusi sempre più numerosi, e quelli aperti deserti e senza clienti perché gli alessandrini non hanno soldi da spendere.
Tutti gli italiani non hanno soldi da spendere, ma gli abitanti di Alessandria forse ancora di più e la drammaticità si è vista venerdì mattina quando un centinaio di persone hanno occupato il municipio. C’erano tanti lavoratori giovani, mamme con bambini al seguito, in braccio o sul passeggino, ma soprattutto ci hanno colpito gli occhi delle persone: gente disperata di chi si aggrappa a quel posto di lavoro che in tempi di vacche magre rappresenta l’unica certezza di sopravvivere.
Cosa faranno questi lavoratori senza lo stipendio?
Come sbarcheranno il lunario?
Quel futuro per loro e per i loro figli?
Queste le risposte che invano hanno cercato in Comune, dall’assessore Matteo Ferraris prima con le buone maniere, chiedendo cortesemente di sapere: “Ci eravamo lasciati a dicembre – ha detto il sindacalista della Cisl Alessio Ferraris – con l’impegno del Comune di renderci partecipi. Abbiamo chiesto come faceva il Comune a quadrare il Bilancio e se i tagli venivano effettuati sacrificando i lavoratori, non ci è stato risposto. Siamo stanchi di aspettare e vogliamo sapere.”
Non ci sono soltanto 26 lavoratori che il 31 marzo rimarranno senza cassa integrazione ma anche il futuro degli altri cento che rimarranno senza lavoro.
La risposta dell’assessore Matteo Ferraris è stata fumosa, molto fumosa. Ha parlato per circa mezz’ora senza dire assolutamente nulla di concreto e positivo. Dopo il primo quarto d’ora di frasi del tipo “ci stiamo attivando, sono circa 6 mesi che sci stiamo occupando della cosa ma non siamo ancora giunti ad una conclusione, l’Aspal chiude ma non sappiamo ancora quanti lavoratori passeranno al CSI, la scuola Bovio verrà gestita diversamente ma non sappiamo quanti lavoratori verranno trasferiti ad altro incarico” i lavoratori presenti hanno iniziato a battere mani e piedi interrompendo l’assessore.
“Vogliamo risposte concrete” gridava il pubblico e Ferraris ha ripreso il suo discorso esattamente da dove l’aveva lasciato continuando con le frasi del tipo “è chiaro ed evidente che il dissesto è come un conflitto bellico che si diffonde anche in altre parti della città, faremo progetti ma riduttivi rispetto a quelli di un tempo, tutti i servizi sono oggetto di attenzione da parte dell’Amministrazione Comunale e via di seguito.”
E’ stato a quel punto che i lavoratori, dopo aver gridato tutto il loro disprezzo e disappunto hanno abbandonato l’aula sfiduciati mentre Ferraris continuava a parlare.
Mesta fine di una mattinata che non lascia presagire nulla di buono ed apre inquietanti scenari per il futuro della città.
Angelo Bottiroli
28 febbraio 2014