Nuova lettera di Annamaria Agosti che chiama in causa il sindaco Massimo Berutti, chiedendogli cosa ha fatto per prevenire e ridurre i livelli di inquinamento che si registrano in città.
Eccovela di seguito:
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la domanda di quest’oggi è secca, coincisa: quale livello di attenzione è stato, finora, riservato all’ambiente ed alla salute pubblica, da parte del Primo Cittadino di Tortona?
Il Sindaco rappresenta, per legge, la massima autorità sanitaria sul territorio, rammentiamolo. Egli è responsabile della salute dei cittadini, ed ha il compito, nonché l’obbligo, quantomeno morale, di individuare e fornire utili linee di indirizzo, di prendere decisioni efficaci e tempestive a tutela della salute pubblica.
Il medico cura, ma il politico, se vuole, può addirittura prevenire la malattia.
Un modo per farlo? Incrociare e studiare attentamente tutti i dati ambientali, sanitari e sociali, come quelli prodotti dalle centraline per l’inquinamento atmosferico, con le statistiche ASL ospedaliere, verificando l’andamento del consumo di farmaci respiratori, ad esempio. O con gli accessi al Pronto Soccorso.
Chiaramente non deve farlo lui in prima persona, ma può dare incarico a dei suoi collaboratori.
Questo significa istituire un vero e proprio osservatorio epidemiologico. Significa capire, in modo sistematico, preciso, profondo, rapido ed economico le emergenze del proprio territorio. Significa coordinare l’operato di un gruppo di esperti eterogenei, competenti e motivati, tutti orientati al miglioramento della salute della popolazione.
Questa immensa mole di informazioni, proveniente da enti ed agenzie del territorio, quali ASL, Arpa, Provincia, Regione, qualora fosse organizzata, studiata e costantemente aggiornata, darebbe vita ad un sistema di vigilanza attiva sulla salute della popolazione, a fondamentale sostegno delle politiche riguardanti l’ambiente.
L’ASL Alessandria, da parte sua, già mette a disposizione dei Sindaci del territorio gli strumenti dei cosiddetti PePS – Profili e Piani di salute – allo scopo di “promuovere la diffusione della cultura della salute come benessere globale dei cittadini, per perseguire il quale la comunità intera si impegna ad individuare e rispondere adeguatamente ai bisogni reali e peculiari dei suoi membri.”
Le banche dati disponibili potrebbero fornire interessanti argomenti di ricerca, di cui espongo a seguire taluni esempi, recentemente utilizzati in convegni specialistici.
Il consumo di farmaci per l’asma sale a braccetto con i Pm10
Una relazione presentata alla quinta edizione del Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico, del maggio 2012, mette a confronto gli effetti dell’esposizione a breve termine al PM10 con il consumo di farmaci respiratori.
L’analisi, condotta in Lombardia, ha coinvolto la popolazione di sette comuni lombardi nel biennio 2005-2006 (circa 500.000 soggetti). Sono state messe a confronto le ricette mediche relative a prescrizioni farmacologiche riguardanti i trattamenti respiratori (glucocorticoidi sistemici ed inalatori, adrenergici inalatori, anticolinergici inalatori, teofillina), con i dati ambientali forniti da ARPA Lombardia. La relazione tra consumo di farmaci ed esposizione a PM10 è stata indagata separatamente per stagione calda e fredda, e valutando gli effetti ritardati dell’innalzamento del Pm10.
Sono state selezionate complessivamente 324.881 prescrizioni, destinate a 85.593 soggetti. La
concentrazione media giornaliera di PM10 è stata 48 μg/m3 (quindi SOTTO la soglia di pericolosità!). L’analisi ha evidenziato che il consumo di farmaci per il trattamento dell’asma incrementa significativamente all’aumentare della concentrazione di PM10, con un ritardo fino a 3 giorni:
Nell’analisi stratificata per stagione è emerso che il consumo di glucocorticoidi per aerosol è influenzato maggiormente dall’esposizione a PM10 durante la stagione calda, mentre quello di adrenergici per aerosol durante la stagione fredda. L’esposizione ad elevate concentrazioni di PM10 può corrispondere ad un incremento nel consumo di alcune tipologie di farmaci respiratori, impiegati perlopiù per il trattamento delle
manifestazioni acute di asma. La presenza di prescrizioni farmacologiche dei suddetti farmaci potrebbe essere, dunque, un surrogato per l‟individuazione di eventi asmatici che non conducono a ricovero o a decesso.
[Cit. Sara Conti, Carla Fornari, Fabiana Madotto, Giovanni De Vito, Giancarlo Cesana, Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica, Università degli Studi di Milano-Bicocca]
Asma al Pronto Soccorso, i più colpiti sono i bambini
L’allarme dei cardiologi, con Pm10 oltre limiti +32% scompensi
L’inquinamento atmosferico superiore alla soglia dei 50 microgrammi per metro cubo è direttamente correlato con un aumento degli episodi acuti a carico dell’apparato cardiovascolare, come scompensi acuti (+32%), fibrillazione atriale (+57%), aritmie ventricolari (+39%) e sindromi coronariche acute (+14%). Lo ha rilevato un team di ricercatori dell’università’ di Brescia, guidato dalla professoressa Savina Nodari, in uno studio condotto per un periodo di tre anni e presentato nel dicembre scorso al 74esimo Congresso Nazionale della Società italiana di cardiologia. “Lo studio ha individuato una significativa associazione tra i livelli di Pm10 e i ricoveri per eventi cardiovascolari acuti come le sindromi coronariche, l’insufficienza cardiaca, il peggioramento dell’insufficienza cardiaca, la fibrillazione atriale parossistica e le aritmie ventricolari”- spiega la Nodari -”L’effetto è stato lineare, con un aumento del 3% dei ricoveri per ogni aumento di 10 microgrammi di Pm10. E’ stato messo in evidenza come questo inquinamento non solo causa mortalità o patologie a livello respiratorio e polmonare, ma anche a livello cardiaco e cardiovascolare”.
I danni causati dall’inquinamento sono ben documentati. Malattie cardiovascolari, asma, allergie: ecco gli effetti negativi delle polveri sottili sull’organismo Respirare polveri sottili (PM10) e sottilissime (PM2,5) favorisce l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Il particolato, inoltre, aumenta l’incidenza di asma nei soggetti sani e facilita la formazione di allergie respiratorie. Inoltre, un’ipotesi recente formulata ad Harvard è che lo smog causi stress ossidativo nei neuroni contribuendo all’invecchiamento del cervello.
Quanto fin qui esposto, non è uno scenario apocalittico, tratteggiato da sfegatati ed irremovibili ambientalisti. Sono studi basati su dati reali e tangibili prodotti dalla comunità medica e scientifica, di cui i Sindaci del territorio, passati, presenti e futuri, dovrebbero tenere conto. E in debita considerazione.
O continuiamo ad attendere lo scudo stellare del Grande Mazinga?
Annamaria Agosti
12 gennaio 2014