Giorgio Bona vive a Frascaro, un piccolo paese del Monferrato tra Alessandria e Acqui Terme. Lavora nella Pubblica Amministrazione occupandosi di formazione professionale e politiche del lavoro. In passato ha tradotto dall’inglese autori come Lee e Hamburger e dal russo “Fiabe dai Balcani a Vladivostock”. Suoi racconti sono apparsi in numerose antologie. Tra queste “Bad Prisma” (Mondadori, 2009), “Bersagli innocenti” (Flaccocovio, 2010), Storie di martiri, ruffiani e giocatori (Caratteri Mobili, 2012). Ha pubblicato due libri di poesie: “Newton” (Campanotto, 1992), “Omaggio il tempo” (Lietocollelibri 2002 finalista premio Lorenzo Montano). Nel 2003 è uscito il suo libro di racconti “Ciao, Trotzkij” (Besa), ristampato successivamente nel 2010. Seguono “Erano voci” (il molo, 2006), “La lingua dimenticata della cometa” (il molo, 2007), “Chiedi alle nuvole chi sono” (Besa, 2008), “L’allungo del mezzofondista” (Iris4 edizioni, 2010), “Il bosco dei baci spenti” (Besa, 2011).
Nell’autunno 2012 è uscito per Scritturapura “Sangue di tutti noi” il romanzo verità sull’omicidio del dissidente comunista Mario Acquaviva, che ha già avuto una prima ristampa. È in pubblicazione nella primavera 2014 il suo romanzo “Un amore al tempo dei NO TAV” per le Edizioni ANORDEST. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio, queste le sue risposte alle nostre domande:
Chi è cosa fa nella vita e dove vive Giorgio Bona?
Sono nato in quel di Alessandria nel 1956. Dicembre. Segno Zodiacale Sagittario e del segno il mio carattere ne ha assorbito gli aspetti più rilevanti. Vivo a Frascaro e lavoro nella Pubblica Amministrazione occupandomi di politiche del lavoro.
Chi è per te uno scrittore e come pensi venga visto dalla gente?
Lo scrittore ha una seconda lingua sotto pelle che lo porta a raccontare storie. Io sono fermamente convinto che la letteratura deve in un certo qual modo riscattare fatti e personaggi che la storia avrebbe sicuramente dimenticato. Lo scrittore in un certo qual modo assolve questo compito e lo fa con passione perché in questo ci mette la sua anima.
Com’è nata in te la passione per la scrittura e cosa provi quando scrivi?
Da bambino, quando cominciavo a riempire il quaderno con frasi e pensieri che mi giravano per la testa vedevo negli occhi degli adulti un atteggiamento che mi imbarazzava. Qualcuno diceva addirittura di portarmi dallo psicologo. Gli altri bambini imparavano quei mestieri di tutti giorni che nella vita diventano indispensabili, io mi cimentavo con la scrittura. Allora, per evitare giudizi indiscreti, scrivevo di nascosto. In età adulta, questi pensieri, queste riflessioni sono diventate storie da raccontare, da tenere vive.
Come nasce quello che scrivi e su cosa ti piace scrivere in particolare?
Le mie storie sono quasi tutte ambientate in Piemonte. C’è una ragione in questo, ed è l’uso del dialetto, quasi sempre presente nel mio lavoro, il dialetto non più considerato lingua secondaria, rozza, ma luogo privilegiato dell’anima. Questa contaminazione della lingua la trovo straordinaria in letteratura.
Sono quasi tutte storie ambientate tra la nostra Alessandria e la Val di Susa, Salbertrand in particolare, che è il
luogo dove è nato mio padre. La Val di Susa che racconto è antecedente a quella di oggi, massacrata dagli effetti delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e adesso dalla TAV. è la valle che ho sentito nei racconti di mia nonna, quando si viveva di contrabbando e si percorreva un valico di confine nella notte con un po’ di zucchero e qualche chilo di patate nello zaino. È un mondo che non c’è più e che è bello tenere vivo nella nostra memoria.
Nel 2012 hai scritto “Sangue di tutti noi”, c’e ne vuoi parlare?
Questo libro percorre gli ultimi due anni di vita di Mario Acquaviva, uno dei fondatori del Partito Comunista Internazionalista ucciso dopo la Liberazione. Ho ricostruito su fonti storiche documentali questo comunista senza macchia e senza paura e anche la collaborazione della nipote sono stati fondamentali per raccontare questa figura che era stata dimenticata e che giaceva lì da quasi settantanni in attesa di essere raccontata.
Sei anche un poeta dato che hai pubblicato due libri di poesie, c’e ne vuoi parlare?
Ho fatto due libri di poesia sperimentali intervallati dieci anni uno dall’altro. Il secondo, Omaggio il tempo, è stato finalista al Premio Lorenzo Montano, uno dei premi di poesia più prestigiosi. Ma è una scrittura che non mi interessa più, devo dire che leggo un libro di poesie da oltre dieci anni.
Mi risulta che stai già scrivendo il tuo prossimo romanzo che uscirà quest’anno, c’e ne puoi parlare?
Il romanzo è già pronto e uscirà questa primavera ed è ambientato in Val Susa, nei giorni nostri con la tematica della TAV in primo piano. È una storia che utilizza un po’ gli ingredienti del noir, ma pone in primo piano un riscontro sociale.
Quali sono i tuoi scrittori preferiti?
Sicuramente Cormac Mc Carthy, un grande, uno scrittore che amo anche dove è antipatico. Tra gli italiani il grande Sergio Atzeni, scomparso, purtroppo, prematuramente. Poi gli amici alessandrini, Arona, Marenzana e Massobrio. Per loro fatemi spendere una parola. Lo meritano.
Come vedi il presente e il futuro della cultura nel nostro paese?
È un momento molto duro. Nessuno investe in cultura e la cultura è una risorsa. Occorre cambiare mentalità e invertire la rotta e per farlo bisognerebbe cambiare le teste.
Un scrittore come immagina la politica e che cosa vorresti chiedere ai politici?
Siamo nell’epoca del trasformismo. Azzerando le ideologie, che sicuramente hanno provocato errori irreparabili, ormai la politica è senza anima e senza passione. Vorrei ci fosse una politica come servizio e non come interesse e questo è come chiedere la luna.
Qual’è la tua opinione sulla situazione di Alessandria?
Preferirei non parlarne. Questa città è in difficoltà e qualcuno la responsabilità se la dovrà pur prendere. Se non ci sono soldi possiamo cominciare dalle piccole cose, ad esempio un’isola pedonale dove i cittadini si possono riappropriare del centro e renderlo più vivibile. Alessandria ha un inquinamento che a volte sembra di essere a Bombay.
Che consigli ti senti di dare ai giovani che iniziano a scrivere?
Leggere, leggere e poi leggere. E avere tanta pazienza. I meandri editoriali sono complicati e non bisogna avere fretta. Il piacere della scrittura non basta se non c’è la volontà e la tenacia. La scrittura è un luogo privilegiato dell’anima, ma è anche ricerca, passione e conoscenza.
Programmi per il futuro e sogni nel cassetto?
I sogni ormai non sono più dietro l’angolo. A cinquantasette anni appena compiuti ho smesso di sognare. Posso dire che nell’immediato futuro spero di finire questo romanzo che sto scrivendo su Maria Provera e la conquista delle otto ore di lavoro. La storia mi appassiona, spero che appassioni anche i lettori quando questo romanzo vedrà la luce.
Pier Carlo Lava
30 gennaio 2014