Il problema è scottante e riguarda gli immigrati. A mettere il dito nella piaga è un’email della “tortonese indignata” che pone diversi interrogativi sul ruolo degli immigrati a Tortona e sul finto perbenismo di molte persone.
Come capita per gli argomenti “spinosi” diamo risalto alla lettera perché crediamo possa suscitare dibattito fra i lettori.
Sono dichiarazioni razziste oppure nascondo un’eclatante verità?
Oggi Cronaca si limita a sollevare la questione: il dibattito, per chi vuole intervenire, è aperto.
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Egregio Direttore,
lo spunto della mia lettera nasce da una domanda, sollevata sabato scorso in platea, dopo la presentazione del libro di Cartasegna.
“La futura Cittadella della solidarietà, porterà un incremento degli stranieri che già abitualmente stazionano ai giardini pubblici? Diminuirà ulteriormente, la già compromessa sicurezza della città?”
Domanda subito smorzata. Si era nei locali della Fondazione, che ha contribuito generosamente alla realizzazione del progetto.
Non se ne poteva discutere in quel luogo. Cartasegna stesso, che tra tante virtù non eccelle di sicuro in diplomazia, risponde: “E’ un aspetto che non riguarda l’urbanistica”.
La grande provocazione, la via percorsa da chi vuole colpire nel segno e far sollevare osservazioni e risposte, spesso nasce in un modo molto semplice… è sufficiente uscire fuori dal coro, distinguersi dal conformismo imposto dalla massa benpensante.
Le prese di posizione “alternative” vengono sistematicamente ridicolizzate da molti intellettuali radical-chic, ma, condivisibili o meno che siano, è certo che, comunque, fanno riflettere, perché rappresentano ciò che forse la maggiorparte delle persone pensa, e non ha il coraggio di dire apertamente.
Personalmente, mi rifiuto di aderire al finto perbenismo tollerante verso lo straniero, senza però che la mia posizione sfoci nel rifiuto. Per essere fuori dal coro, è sufficiente mantenere un freddo distacco di analisi critica. La mia intelligenza mi impone, invece, di rifiutare il “difendere a priori, combattere a prescindere”. Questa è pura obnubilazione dell’intelletto.
Fatto sta che la maggior pare dei reati commessi contro il patrimonio, sul territorio come ovunque, sono per vizi e non per fame.
Se fossero per fame, ci sarebbero molti più furti di generi alimentari all’Esselunga, che si trova proprio lì a due passi dalla stazione ferroviaria di Tortona. E intendo viveri di prima necessità, non articoli come liquori o prodotti di bellezza.
Non ho mai visto un immigrato suicidarsi per la disperazione di non aver di che sfamare la propria famiglia, ma dalle cronache nazionali ho appreso di tanti, troppi artigiani e disoccupati italiani, che si sono esplosi un colpo alla tempia, o si sono lasciati scivolare con una corda attorno al collo, schiacciati dal peso delle difficoltà che la crisi economica porta con sé. Di queste persone, ai benpensanti, non frega nulla.
BRACCIANTI DI CASTELNUOVO: PRIMA NON SI ERANO MAI LAMENTATI
Diciamoci le cose come sono: finchè i braccianti di Castelnuovo venivano pagati, e convengo nel dire che fossero sottopagati, ma venivano comunque retribuiti, non si sono mai nemmeno lontanamente sognati di ribellarsi.
Questo parallelismo con la vera schiavitù è una pura strumentalizzazione.
Lavoravano e si accontentavano, non hanno scoperto niente di nuovo perché la raccolta delle verdure nel periodo estivo ha sempre dato lavoro a volenterosi studenti e disoccupati del Tortonese.
Non diciamo che erano sfruttati per lavori che gli italiani non vogliono più fare, diciamo piuttosto che erano disposti a vendersi per tre euro l’ora, quando un italiano sa benissimo che con tre euro l’ora non ti paghi nemmeno la benzina dell’auto per recarti al posto di lavoro, e poi lavorare gratis.
Tornando alla questione di base. L’immigrato lo si aiuta, mentre l’italiano in difficoltà lo si compatisce, a volte addirittura lo si umilia.
Forse lo si vede troppo simile a sé, per usare nei suoi confronti una vera solidarietà? E’ forse meglio, quel senso di superiorità che si prova nell’allungare la mancia al parcheggiatore abusivo, clandestino sul territorio? In base a quale criterio, questa azione dà un migliore senso di appagamento? Glorifica forse maggiormente, come atto di carità cristiana? Non saprei dirlo. Ma spero che i lettori se lo domandino.
Una tortonese indignata
24 novembre 2013