Discutere il bilancio di previsione alla fine di settembre racconta più di ogni altra considerazione che potremmo fare questa sera la situazione che stiamo affrontando: segnata da un livello di incertezza e confusione tale da aver costretto lo Stato a rinviare sino al 30 novembre la scadenza ufficiale per l’approvazione definitiva dei bilanci comunali. E da far ipotizzare – addirittura – uno slittamento all’inizio del 2014.

Siamo, con tutta evidenza, ben oltre i limiti di ogni comprensibile e giustificabile ritardo, con conseguenze potenzialmente devastanti sull’intero sistema.

Lo scorso anno avevamo sperato – verrebbe da dire, ci eravamo illusi – che la riforma della tassazione locale introdotta con la creazione dell’IMU e della Tares, pur con tutti i suoi limiti, rappresentasse finalmente un punto fermo nel continuo fare e disfare della normativa fiscale comunale. Quella riforma aveva almeno il pregio di consegnare ai comuni alcune leve finanziarie facilmente manovrabili e altrettanto facilmente comprensibili dai cittadini. I margini di manovra introdotti offrivano ai contribuenti la possibilità di comprendere le differenze, spesso profonde, tra la situazione finanziaria dei diversi comuni e tra le scelte di allocazione del peso fiscale operate dai sindaci.

In sostanza, chi aveva un bilancio in sufficiente equilibrio, poteva scegliere dove incidere di più con la tassazione e per quali categorie di contribuenti alleggerire il carico. Chi non godeva di un bilancio sano, aveva la possibilità di intraprendere un percorso di risanamento, utilizzando al massimo le opportunità di incremento della pressione fiscale locale. In entrambi i casi, ai cittadini era offerta la possibilità di giudicare, misurando sulle proprie tasche la bontà e la preferibilità di una scelta piuttosto che di un’altra.

Il 2013 è trascorso in un clima di crescente incertezza. All’inizio dell’anno e in vista delle elezioni politiche, dicevamo che sarebbe stato difficile approvare i bilanci prima di marzo, poiché tutte le forze politiche avevano proposte incisive su una partita di entrata fondamentale per i comuni: l’IMU sulle abitazioni principali. Senza necessità di ripercorrere una storia che tutti conosciamo, registriamo come i mesi successivi siano trascorsi in un crescendo di incertezza. L’IMU sulle abitazioni principali è stata prima sospesa, dopo molti mesi abolita.

Definitivamente, ma non proprio, perché ancora restano da trovare le coperture finanziarie per la seconda rata di dicembre, mentre un velo di clamorosa ed ulteriore indeterminazione avvolge le domande relative ai tempi, alle modalità ed agli importi con i quali il mancato gettito IMU sarà “restituito” ai comuni. Un dettaglio, quello delle modalità di calcolo del ristoro, che non può essere considerato trascurabile e sul quale torneremo più avanti.

Nel frattempo e mentre si consumava la non ancora conclusa telenovela sull’IMU prima casa, permaneva – e tuttora permane! – la più assoluta incertezza sull’ammontare dei trasferimenti statali per il 2013, come determinati dalle decisioni prese nel 2012. Su questo punto è bene essere molto chiari: i nostri problemi non nascono dall’abolizione dell’IMU sulle prima case, ma ben prima.

E riguardano il fatto che lo Stato – a monte di ogni decisione  sull’IMU – ancora non ci ha comunicato quanto riceveremo o quanto dovremo restituire al fondo nazionale per il federalismo fiscale.

In una situazione del genere, fare il bilancio di previsione 2013 rappresenta innanzi tutto un atto di coraggio, speriamo non di incoscienza. Dobbiamo metterci il coraggio di fare calcoli e previsioni, in assenza di un avallo ufficiale a sostegno delle nostre elaborazioni.

Dobbiamo metterci il coraggio di credere che, da qui a novembre, non ci saranno altre sorprese. Dobbiamo metterci il coraggio di chiedere agli uffici uno sforzo di contenimento della spesa e ai cittadini uno sforzo fiscale che potrebbero rivelarsi – alternativamente e con la stessa probabilità di accadimento – eccessivi o insufficienti. Dobbiamo metterci il coraggio di dire apertamente che oggi approviamo un bilancio di previsione che potremmo dover riscrivere e riapprovare prima della fine di novembre o forse persino dopo. Mettendoci la faccia noi, per spiegare ai cittadini che no, non sappiamo di preciso se e quanto pagheranno di addizionale Irpef quest’anno. E no, non sappiamo quanto dovranno pagare per la tassa rifiuti. E ancora no, non sappiamo se e quanto dovremo chiedere a ciascuno per l’IMU.

A questo si aggiunge che, con tutta probabilità per effetto dei tagli alle risorse statali già decisi nel 2012 e ancora non quantificati, le leve fiscali dovranno essere azionate, se non al massimo, ad un livello ad esso assai vicino, anche da parte dei comuni che hanno conti in equilibrio. Il che lascia aperta l’inquietante domanda su cosa potranno fare quei comuni che i conti in ordine non li hanno e che sono già stati costretti ad aumentare al massimo le tasse locali negli scorsi anni. È difficile definire federalista un sistema nel quale la distinzione tra enti ben gestiti e mal gestiti operi, non attraverso un diverso livello di qualità dei servizi e di tassazione locale, ma tramite il fallimento a catena dei secondi e la faticosa sopravvivenza dei primi.

C’è infine la citata questione dell’IMU prima casa, della sua abolizione e del ristoro del mancato gettito ai comuni. Sulle modalità di questo ristoro si fanno diverse ipotesi, ognuna con conseguenze assai diverse, sia per il nostro bilancio che per l’intero sistema.

Sembra emergere un’interpretazione che parla di rifondere ai comuni “il mancato gettito alle aliquote deliberate”. Qui si aprono due possibili scenari: lo Stato potrebbe rimborsare in base alle aliquote deliberate per il 2012 o a quelle deliberate – alla cieca – a inizio 2013. Questa soluzione finirebbe per favorire i comuni che hanno deciso, lo scorso anno, di aumentare un’imposta che il Legislatore ritiene tanto ingiusta e iniqua da aver deciso di abolirla. Punendo i comuni che hanno fatto scelte diverse, cercando di alleggerire i proprietari della sola prima abitazione. Sarebbe un assurdo logico, oltre che una clamorosa ingiustizia. La seconda ipotesi, più costosa per le casse dello Stato ma più equa, consiste nel rimborsare ai comuni il gettito derivante dalle aliquote deliberate col bilancio di previsione 2013, cioè decise oggi. Per trovarci pronti rispetto a questa possibilità, deliberiamo oggi un’aliquota per abitazione principale al 6 per mille, ma non mettiamo a bilancio il maggior gettito, che dovrebbe arrivarci dallo Stato.

Se non facessimo così, cioè se mettessimo a bilancio quella possibile entrata, rischieremmo di creare un buco nel bilancio – qualora lo Stato decidesse per la prima opzione, trasferendoci solo il 3,8 per mille deliberato lo scorso anno – ovvero di dover chiedere davvero il 6 per mille alle famiglie – qualora un’evoluzione in senso negativo del quadro politico nazionale portasse a far saltare la prevista, ma non ancora definitivamente approvata, abolizione dell’imposta per le abitazioni principali.

Questa lunga premessa mette in evidenza lo stato di frustrazione che purtroppo caratterizza questa fase storica per i comuni italiani. Tale frustrazione risulta accentuata – e sono certo, condivisa dai consiglieri comunali – per quegli enti che, proprio negli ultimi anni, hanno compiuto uno sforzo enorme per rimettere in ordine i propri conti e riportare i bilanci in una situazione di stabile equilibrio. Proprio chi, come noi, ha compiuto questo difficile sforzo, raggiungendo risultati notevoli, vive oggi con particolare sconcerto una situazione che rischia di mettere in discussione tutto il lavoro fatto e di mischiare le carte al punto da far apparire più meritevoli gli enti che hanno semplicemente usato la leva fiscale senza limiti.

I nostri uffici hanno comunque provveduto a stimare – ripeto, senza il supporto di numeri certi da parte delle autorità superiori – gli effetti delle manovre 2012 sui nostri conti. La stima fatta parla di una diminuzione delle risorse disponibili rispetto al 2012 per circa 1,6 milioni di euro, come effetto dei maggiori introiti IMU per 2,4 milioni e dei minori trasferimenti statali, che si azzerano dai 3 milioni dello scorso anno, imponendoci una “restituzione” al fondo nazionale per un ulteriore milione. A questo quadro di per sé preoccupante, si affianca la necessità, da quest’anno, di allineare le nostre previsioni di entrata ai principi di estrema prudenza indicati dalla Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti nella sua ultima pronuncia. Per intenderci, dovendo mettere a bilancio le sole entrate per recupero di evasione fiscale già incassate, questa partita di entrata passa da oltre 300.000 euro a poco più di 20.000 euro.

L'assessore al Bilancio Germano Marubbi

L’assessore al Bilancio Germano Marubbi

Il non piccolo problema che si apre così nei nostri conti può essere in parte affrontato contando su azioni ed iniziative intraprese negli scorsi anni, con l’obiettivo di realizzare un progressivo contenimento delle voci di spesa corrente. Per fare alcuni significativi esempi, possiamo ricordare innanzi tutto la decisione di chiudere i contratti di interest rate swap, dalla quale deriva un risparmio di oltre 400.000 euro rispetto al 2012 sugli accantonamenti per questa partita. Ma soprattutto, anche se si tratta di numeri meno significativi, voglio qui ricordare gli effetti positivi del blocco delle assunzioni e della progressiva diminuzione dello stock di debito per mutui in essere.

Sulle spese di personale – intervento 1 sulle partite correnti – stimiamo una spesa per il 2013 che si riduce di circa 200.000 euro rispetto al 2012. Il servizio del debito per mutui – quote capitale e interessi – ci costa 160.000 euro in meno rispetto allo scorso anno. A queste macro-voci si aggiunge una particolare attenzione a tutta la spesa corrente. Sulla quale abbiamo inizialmente deliberato, a luglio, un blocco degli stanziamenti rispetto agli impegni effettivi del 2012, successivamente effettuando puntuali razionalizzazioni e contenimenti.

Ancora, il rapporto con gli enti e le società del “Gruppo Comune” diventa strategico, anche sotto il profilo economico e finanziario, specie nella prospettiva di difficoltà destinate ad aumentare, piuttosto che a diminuire, da qui ai prossimi anni. Lo sforzo richiesto alle componenti del gruppo è coerente con il quadro generale e con il principio democratico per il quale è qui e non altrove che si determinano le decisioni strategiche e si fa sintesi su scelte che incidono direttamente o indirettamente sui cittadini e le imprese.

L’assetto complessivo del gruppo, con particolare attenzione ad alcuni suoi elementi, dovrà essere oggetto di una particolare attenzione e di decisioni strategiche, che in parte possono essere avviate in questa fase ed in parte dovranno coinvolgere la responsabilità della prossima amministrazione. Per quanto riguarda il CIT, una rapida situazione delle decisioni già assunte per la sua parziale privatizzazione – alla luce del quadro assai critico disegnato dai ripetuti tagli alle risorse regionali e provinciali per il trasporto pubblico locale – appare come una strada senza alternative per almeno tentare di garantire la continuità del servizio e dell’azienda. Per Noviservizi, si aprirà a breve, come già deciso, la procedura di liquidazione della società. Le scelte sulle modalità future di gestione, in particolare della farmacia comunale, dovranno partire dalla realtà dei fatti e dal quadro generale della finanza pubblica locale.

Sapendo che una gestione diretta “in economia” rischia di accentuare gli elementi di inefficienza e farraginosità dell’attività aziendale. Per contro, una diversa valorizzazione di questo cespite potrebbe rappresentare, insieme alla vendita di altri ben più significativi attivi del nostro patrimonio mobiliare ed azionario, l’elemento chiave di una completa  ricostruzione del bilancio comunale su nuove basi, ad un tempo più solide e meno “pesanti” per i cittadini e le imprese contribuenti. Ovviamente, si tratta di considerazioni che potrà fare la nuova amministrazione e che sarebbe oggi intempestivo anticipare. Ma  sulle quali ritengo doveroso, da parte mia, consegnare a voi e a chi verrà queste modeste riflessioni.

Nel più generale discorso relativo ad enti e aziende del “Gruppo Comune” deve essere inserito anche il necessario ragionamento, sollecitato da uno specifico ordine del giorno consiliare, relativo alle retribuzioni ed ai premi di risultato di direttori e dirigenti dei singoli enti. Chiarito che il difficile periodo che stiamo affrontando riguarda tutti e tutte le componenti del gruppo e che le condizioni di maggiore redditività delle singole aziende sono in gran parte determinate dalle differenti caratteristiche dei mercati in cui operano, è pure necessario richiamare l’attenzione di tutto il gruppo – con un preciso indirizzo che il Consiglio Comunale esprimerà approvando questo bilancio e la presente relazione – ad un contenimento delle spese per il personale dirigenziale. Non si tratta di un atteggiamento “punitivo” o di una forma di demagogico pauperismo, ma delle cogente necessità di richiamare tutti – in proporzione alle proprie capacità e possibilità – a farsi carico di una quota dei problemi che stiamo affrontando, per non farli pesare sulle spalle dei cittadini. Le quali sono spesso meno larghe di quelle di un dirigente di azienda pubblica. Dunque, nel rispetto dei minimi contrattuali, è opportuno che si proceda ad un riallineamento delle retribuzioni dirigenziali all’interno del “Gruppo Comune”, partendo dal contenimento di quelle maggiormente elevate. Inoltre, nell’applicazione delle politiche di merito e di incentivazione, è opportuno indicare agli enti e società del gruppo un indirizzo generale verso l’applicazione dei livelli minimi previsti dai singoli contratti e verso una puntuale determinazione di obiettivi numericamente misurabili, effettivamente legati alle performance economiche aziendali e sufficientemente ambiziosi, quali presupposto per la concessione dei premi in questione.

Tornando ai numeri di questo bilancio di previsione, credo risulti chiaro come, partendo da una stima di minori introiti per 1,6 milioni sia necessario esercitare un’azione energica, se vogliamo evitare il rischio di vanificare in un anno il lungo lavoro di risanamento fatto fin qui. Tra le leve fiscali a nostra disposizione, di fatto solo l’addizionale Irpef si presta ad essere azionata con certezza dei risultati (sull’IMU prima casa, abbiamo già detto e sappiamo che troppe incertezze avvolgono i risultati possibili dell’aumento tariffario). È appena il caso di notare che lo spazio teorico di incremento del gettito – quello che si otterrebbe portando l’aliquota all’8 per mille per tutti, senza fascia di esenzione – sarebbe intorno a 1,7 milioni. La via più semplice e rapida per chiudere questo bilancio sarebbe stata quella di un aumento indiscriminato, capace da solo di “coprire” l’intero taglio dei trasferimenti statali. Come già accennato, abbiamo cercato di percorrere una strada diversa, agendo anche sulla spesa con l’obiettivo – in parte raggiunto – di contenere il necessario aumento delle aliquote Irpef. Circa metà delle risorse necessarie, in questa fase, a chiudere il bilancio verrà dunque da questa operazione, che conferma la fascia di esenzione introdotta lo scorso anno per i redditi inferiori ai 15.000  euro.

La quadratura oggi faticosamente trovata per le partite correnti del bilancio 2013 rappresenta un punto fermo importante, che già arriva con notevole ritardo rispetto alle  nostre aspirazioni ed alle necessità operative del Comune. Essa rappresenta tuttavia una soluzione temporanea, che dovrà essere verificata e, forse, ricostruita entro la fine di novembre, alla luce di un quadro generale che ci auguriamo diventi più chiaro e meno nebuloso. Ovviamente, lo sforzo fatto fin qui è stato quello di metterci “dalla parte della ragione” disegnando un equilibrio fondato su previsioni prudenziali. Tuttavia, stanti le difficoltà che emergono nel reperire le coperture necessarie all’abolizione dell’IMU prima casa, non è scontato che quello inserito nel bilancio sia lo scenario peggiore possibile. Da qui a novembre dovremo mantenere un livello di attenzione molto elevato  puntare comunque ad ulteriori contenimenti di spesa, così come al recupero di tutte le possibili maggiori entrate.

A novembre, speriamo di poter rivedere in senso migliorativo le attuali previsioni, sapendo che abbiamo ancora qualche margine di manovra, laddove l’evoluzione fosse invece in un senso negativo.

L’assessore, Germano Marubbi


1° ottobre 2013