Gli studi condotti negli ultimi decenni, in particolare quelli discussi fra competenti e tecnici, nella primavera del 1996, ha rafforzato il ruolo delle nostre terre, in contrapposizione con il Medio Oriente, già forte produttore di preziosi tessuti serici.

È emersa l’importanza dei setifici italiani, assurti a modello in Europa, poi nel Medio Oriente, per merito dei posteri di Marco Polo. I mercanti, in questo periodo, importano le migliori sete grezze, le manipolano con quelle nostrane, un connubio fra scambio, fantasia, alto artigianato per ottenere risultati sorprendenti.

La nostra terra non è inferiore ad altre zone dell’Italia, anzi il gelso, ai piedi dell’Appennino, cresce bene, in particolare per l’umidità, la fertilità del terreno, elementi acquisiti grazie alla posizione climatica e geografica.

Il lavoro, per diversi secoli, è dunque fiorente; non mancano abili tessitori, neppure bravi tintori. Uno di questi, il più bravo in assoluto lavora in Novi; da qui il nome Paolo da Novi, essendo nato nel 1440, in questa cittadina, ai confini della Liguria.

La Famiglia di origine è ricca, ma incerta: c’è chi lo vuole figlio di Giacomo dei Cattanei, chi lo definisce del Casato dei Cavanna. Certo appartiene al ceto nobile. Su questo nessuno ha dubbi. Egli s’ingegna, forse più per una vocazione artistica che non economica, studia diverse tecniche, le elabora, finché riesce ad escogitare materiali adeguati per la coloritura di quell’esile filo, prodotto dal lavoro naturale di questo meraviglioso insetto.

Le sue proposte sono disegni e tinture di ineguagliabile prestigio, sia per i contorni come per la tenuta nel tempo, elementi riconosciuti nel mondo intero di quei tempi, tuttavia uno spazio della sua esistenza è dedicato alla vita pubblica.

Il suo sentimento antiaristocratico lo conduce a dar man forte nella rivolta di Genova, rivolta antiaristocratica e antifrancese. nel settembre del 1506.

La sua incisività politica, il suo carattere, la sua caparbietà, sono ben diffuse in tutto il territorio; acclamato Tribuno, poi Commissario dell’esercito durante l’assedio di Monaco, mansioni in cui emerge il suo coraggio, supportato da notevole capacità tanto da essere eletto Doge di Genova.

La sventura lo coglie quando francesi tornano da padroni a Genova il 28 aprile. Scappa a Pisa nel tentativo di raggiungere Roma. È tradito da Corsetto, il capitano della nave su cui è accolto. Consegnato, per danaro, al nemico. Riportato nel capoluogo ligure ov’è orrendamente giustiziato il 16 giugno del 1507.

L’attività di tintore, con la rinunzia di Paolo da Novi, forte di tanto prestigio, non ha più avuto un’adeguata prosecuzione, neppure fra i suoi allievi. Egli, dunque, è stato, per la storia alessandrina, un personaggio di spicco, sia per la bravura come per la capacità organizzativa, ed è ancora ricordato dopo secoli di storia.

Franco Montaldo



 15 luglio 2013