Da diversi anni la letteratura e gli studi psicologici mettono in evidenza l’importanza di un rapporto positivo tra il bambino e l’animale come base per un rapporto altrettanto positivo con gli altri esseri umani e con la realtà nel suo complesso. Del resto, bambini e animali mostrano una purezza del tutto simile nel modo di rapportarsi agli altri e al mondo.
È noto a tutti come il bambino sia portato ad assumere come modello comportamentale quello dei genitori e, di conseguenza, il ruolo che il piccolo essere umano sentirà di avere nei confronti dell’animale sarà notevolmente influenzato da quello che mostreranno di avere mamma e papà.
I piccoli amici dei nostri figli offrono loro una relazione pura, scevra da ogni condizionamento razionale e basata unicamente sull’empatia e sull’istinto; quella con l’animale è dunque forse la prima vera relazione d’ ‘amore puro’ che il bambino sperimenta, insieme a quella con i genitori. Ma a differenza di questi ultimi, l’animale è sullo stesso piano del bambino, poiché è anch’esso dipendente dalle cure altrui ed è dotato di un linguaggio non filtrato che permette una comunicazione sincera con esseri altrettanto puri. L’animale non mente mai e manifesta i suoi ‘sentimenti’ tali e quali; con i suoi piccoli amici a quattro zampe, il bambino può essere totalmente se stesso poiché non è soggetto a giudizio e perché per la prima volta riconosce in un essere altro da sé la sua stessa fragilità e vulnerabilità all’interno del mondo adulto.
L’uomo, a differenza dell’animale, acquista con la crescita i mezzi e le capacità (e dunque la libertà) di badare a se stesso e, di conseguenza, viene investito della responsabilità di decidere della vita di esseri viventi più deboli e come tali, impossibilitati a scegliere liberamente per loro stessi. È inevitabile che il bambino, con il passare degli anni, vada ad assumere, in questo senso, l’atteggiamento che gli adulti a lui vicini mostrano di avere nei confronti degli animali, determinandone il ruolo o di ‘padrone’ che vede l’animale alla stregua di un oggetto al suo servizio o, piuttosto, quello di ‘fratello maggiore’, che si fa carico della vita di creature indifese e che sfrutta la sua libertà e i suoi maggiori mezzi come strumento non di potere e dominio sulla natura, bensì di difesa e tutela.
Educare i nostri figli al rispetto di creature più deboli come gli animali, non solo permette ai bambini di perpetuare con coscienza l’unica vera relazione di amore puro e incondizionato sperimentabile ma migliora la convivenza sociale, poiché insegna ai più piccoli ad avere cura del diverso e del più indifeso, anche tra esseri umani.
Noi volontari LEAL riflettuto su tutto ciò, perché commossi dalla quantità di bambini che, nell’indifferenza di molti adulti, rallentano e si fermano ai nostri tavoli visibilmente toccati dalle immagini delle torture che i vivisezionisti infliggono ai loro piccoli amici. Alcuni genitori allontanano i figli per timore che la vista di quei corpicini martoriati tanto simili a quelli dei loro animali domestici, provochi uno choc troppo forte, o forse, semplicemente per paura di dover spendere troppo tempo a spiegare il perché di simili atrocità. Sicuri che la vista di conigli scuoiati e ancora sanguinanti nelle macellerie sia un’immagine altrettanto tremenda e credendo che il ruolo di un genitore sia quello di educare il figlio a conoscere la realtà, per quanto cruda sia, di modo che esso crescendo possa decidere liberamente e coscientemente che persona diventare, chiediamo ai ‘grandi’ di lasciare che i ragazzini vengano ai nostri tavoli, che si fermino, che ci facciano le loro domande alle quali noi e i nostri materiali informativi possiamo rispondere.
Le nostre immagini non mistificano la realtà; quello che mostriamo è quanto avviene negli stabulari di tutto il mondo e ancora tanto ci sarebbe da sapere e vedere. La sensibilità dei bambini unita alla loro naturale empatia con i piccoli amici animali, può aiutare gli adulti a ritrovare contatto con quella parte pura e genuina che la società, così come la conosciamo, ci spinge ad accantonare. Accompagnati dalla spontaneità e dalle emozioni dei nostri figli possiamo chiederci se davvero l’uomo sia nato per usufruire indiscriminatamente dei suoi compagni di viaggio fedeli e indifesi; se davvero il ruolo della nostra specie sia quello di sfruttare la natura e gli altri esseri viventi incuranti del dolore provocato e dimentichi dell’amore incondizionato che loro ci donano, nonostante tutto. Possiamo chiederci se l’uomo abbia realmente bisogno di essere davvero una specie così terribile o se esista una nuova possibilità di convivenza tra lui e le altre forme di vita, egualmente degne di vivere un’esistenza libera senza che qualcuno si arroghi il diritto di servirsi delle loro vite a proprio vantaggio.
Guardiamo gli occhi dei nostri bambini davanti alle immagini degli stabulari e diamoci una risposta.
Leaga Antivivisezionista – Tortona/Alessandria
3 luglio 2013