Un giornale che oltre alla cronaca e agli avvenimenti dedica ampio spazio all’arte e alla cultura, non poteva non avere una rubrica letteraria, dove si recensiscono i libri. Per questo motivo abbiamo iniziato una collaborazione con un gruppo di esperte lettrici, guidate da Debora Magini che hanno realizzato anche un sito internet (www.sognandoleggendo.net) che sarà on line tra breve.
Abbiamo deciso chiamare la rubrica “Letti per Voi” perché i libri che vi proporranno le nuove collaboratrici di Oggi Cronaca prima di scrivere la recensione leggono attentamente il libro, come d’altro canto fa già la redazione per quanto riguarda la rubrica sul cinema.
Nella speranza che questa nuova idea editoriale possa raccogliere il gradimento dei nostri lettori, vi lasciamo alla prima recensione, ricordandovi che tutti gli articoli di questa rubrica letteraria li trovate nella sezione Tag cliccando su “Letti per voi”
Il Direttore
Dati Romanzo
Titolo: I ponti di Bergen – Autore: Jan Guillou – Editore: Corbaccio – Collana: I narratori – Pagine: 300 – Prezzo: 12,90 €
Descrizione:
Quando il padre annega nel Mare del Nord, Lauritz, Oscare e Sverre, tre fratelli, sono costretti a lasciare il loro piccolo villaggio marino per cercare fortuna in città. Iniziano come garzoni da un cordaio, ma il loro talento innato e una serie di fortunate coincidenze li porteranno a servizio del ricco Hensikt, dove verranno educati e diventeranno ingegneri civili di ferrovie e ponti. Potrebbero finalmente tornare in Norvegia, a lavorare ad un progetto ambizioso e di grande prestigio, ma a questo punto è l’amore a metterci lo zampino.
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Tre ragazzi, un progetto grandioso, un secolo di straordinari cambiamenti.
La frase stampata in copertina, insieme all’immagine che vi compare, lascia presagire un romanzo rappresentativo di un’epoca grandiosa. Una premessa che mi ha subito incuriosito positivamente verso questo libro che, sullo sfondo del Novecento, narra della storia di tre fratelli, di origine pescatori, rimasti orfani di padre molto piccoli.
Nelle prime pagine l’autore decide di raccontarci il modo in cui la famiglia attraversa il periodo difficile della dipartita del padre. Le questioni pratiche sono le più importanti, e non ci si ferma troppo sul dolore del lutto, che passa quasi in secondo piano.
Con meno bocche da sfamare le vedove avrebbero anche potuto fare del formaggio dal latte che avanzava e poi venderlo. Dicevano che sapevano anche filare e colorare le stoffe.
Soltanto il primo capitolo del libro è dedicato all’infanzia dei tre fratelli, ma il lettore comunque si fa un’idea chiara del modo in cui sono stati cresciuti ed educati con i loro saldi principi. Già nel secondo capitolo li troviamo nel 1901 laureati in ingegneria a Dresda. Da qui in poi, a capitoli alterni, scopriremo la vita di ciascun fratello: Lauritz ad Hardangervidda, nella fredda Norvegia e Oscar nelle colonie dell’Africa Orientale Tedesca, mentre di Sverre verranno perse le tracce. Devo dire che questo particolare un po’ mi ha infastidito. Trattandosi di una saga abbiamo la speranza di trovarlo nei capitoli successivi, ma l’autore avrebbe anche potuto darci una vaga idea di quello che gli è successo; solo all’inizio sappiamo perché si stacca dagli altri fratelli, ma poi poco altro. Tutti e tre però decidono di seguire la propria strada.
I capitoli dedicati ad Oscar sono a mio parere decisamente più interessanti perché leggermente più movimentati. Raccontare le vicende di Oscar tra gli animali selvaggi africani, in particolare i leoni, e tra i popoli come i cannibali, è uno dei tanti modi che usa Jan Guillou per dipingerci al meglio l’epoca in cui si svolge la storia. Belle e dettagliate le descrizioni dei popoli africani con i loro usi e le loro abitudini. Non è solo il secolo del progresso tecnologico, ma è anche il periodo della colonizzazione e dei primi incontri-scontri con il diverso.
Era anche vero che forse Oscar, dopo un paio di anni in Africa, aveva finalmente imparato la prima lezione davvero utile all’uomo bianco. Non tutti sono come bambini, non tutti rubano, non tutti sono superstiziosi, non tutti sono completamente ignoranti.
Di Lauritz e della sua permanenza in un luogo davvero inospitale si coglie soprattutto la fatica del vivere isolati e al freddo in un piccolo rifugio. L’autore è molto abile nel descriverci le differenze fra gli ambienti esterni e interni, ma facendoci sempre cogliere il gelo. Ogni tanto nei racconti di Lauritz è presente il ricordo dell’amata Ingeborg, ma poco altro. Ho amato ben poco questo personaggio e, anche a causa dello stile molto lento e descrittivo dell’autore, ho fatto un po’ di fatica a star dietro ai suoi pensieri.
Poi non si può non notare, sebbene le figure femminili rimangano un po’ nell’ombra, la rivendicazione delle donne di essere attive e poter prendere decisioni in materia di politica. Ma non solo, perché non mancano scene in cui si coglie la voglia di queste di essere più libere anche sessualmente. Quella narrata è infatti un’epoca di rigore, dove però le prime idee contrastanti iniziano a prendere piede.
Non posso non ammettere la difficoltà nella lettura per via dello stile molto compassato dell’autore, caratterizzato da frasi lunghe ricche di aggettivi e termini ricercati, ma non posso neppure negare che questo sia uno dei romanzi storici più accurati che io abbia mai letto. Per questo motivo il mio giudizio sul romanzo è positivo. Come ci prometteva la frase stampata in copertina, quella narrata può essere davvero definita una storia rappresentativa del Novecento e della società così attiva del periodo. Si colgono la voglia di cambiamento in tutti gli ambiti, non solo quello tecnologico ma anche musicale e culturale, e i ritmi frenetici di questo mondo.
Debora Libardi
25 maggio 2012