Una manifestazione di protesta, quella di venerdì, che ha catalizzato l’intera mattinata e si è conclusa all’ora di pranzo davanti alla Prefettura.
Circa 1.200 persone, tutti lavoratori del “Sistema Alessandria” ma soprattutto delle municipalizzate sono scesi in piazza per quella che rimarrà una manifestazione ricordata a lungo.
Non solo per l’imponente partecipazione ma anche per la sapiente coreografia a tratti spettacolare, e di certo unica che sarebbe da applaudire per lo spettacolo se non fosse altro che dietro ogni singola azione c’è il dramma di un lavoratore, di una famiglia che rischia veramente di rimanere senza futuro.
Il corteo ha preso il via dalla sede dell’Amiu nei pressi del cimitero e ha toccato via via tutte le sedi critiche: prima l’ATM poi in via Guasco fino alla sede dell’informagiovani, simbolico presidio dell’Aspal.
Qui gli attivisti hanno iniziato ad accendere i fumogeni oscurando persino il sole: una nebbia intensa di protesta da dove è sbucato un lavoratore tutto vestito di nero con la falce in mano che simboleggiava la morte delle Società partecipate e soprattutto dei lavoratori.
Questa era la testa del corteo con l’aggiunta di un lavoratore che portava la croce ed altri tre con le maschere di Fabbio, Vandone e Ravazzano, con un maxi salvadanaio in mano con la scritta “tasse”.
Dietro questa inusuale e macabra coreografia corredata da corone funebri e manifesti a lutto, ecco la seconda scena: un camion tappezzato di pannolini con la scritta “Siamo in mutane” seguito da un corteo di lavoratori e lavoratrici che indossavano mutandoni bianchi.
Musiche del film “Matrix” a tutto volume, danze macabre, e rumore di latte a tamburi che hanno accompagnato tutto il corteo lungo le strade della città, piazza della Libertà, via dei martiri, corso Roma, stazione, teatro comunale e poi ancora fino in piazza Libertà per la conclusone dello sciopero.
Il tutto, come detto, tra con la partecipazione di circa 1.220 lavoratori bandiere e cori da stadio. Frasi pesanti come non si risana coi licenziamenti, il lavoro non si tocca, senza soldi non si compra, fino a “Non ci arrediamo al dissesto”.
Ed è stata questa la frase forte che i lavoratori, con i tre segretari provinciali in testa al corteo hanno voluto più volte sottolineare: loro non si arrendono, non intendono farlo, vogliono andare avanti, vogliono lavorare, perché solo così, forse, sarà possibile uscire da questo tunnel senza fine che vede tutta la città di Alessandria in ginocchio.
22 marzo 2013