Il film è tratto dall’omonimo best-seller di David Mitchell e narra sei storie contemporaneamente che abbracciano oltre 500 anni di storia: dal 1800 al 2300, sapientemente scelte e tutte in epoche diverse. Ogni attore quindi interpreta sei diversi personaggi e capita pure che una donna interpreti un personaggio maschile e viceversa.
In molti casi il trucco è così riuscito che si stenta a riconosce l’attore che interpreta il personaggio.
Le storie sono così mescolate fra di loro che lo spettatore deve sempre avere la massima attenzione ai dialoghi e alla trama. Storie incastonate una nell’altra di durata variabile, a volte con flash anche molto brevi, ma proprio per questo motivo incutono suspence nello spettatore.
Epoche storiche con trame diverse tutte legate da un unico filo conduttore: i sentimenti e l’impressione (il film non lo dice, ma lo fa capire) che si tratti degli stessi discendenti.
Non siamo, quindi, in presenza di un film sulla reincarnazione, perché le persone nascono e muoiono finendo il loro ciclo vitale.
Significative le parole del traile “Paura, fede, amore, fenomeni che determinano il corso della nostra vita; queste forze cominciano molto prima che nasciamo e continuano dopo la nostra fine. La nostra vita non ci appartiene, siamo legati ad altri, passati e presenti e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro. Credo che esista un altro mondo che ci attende ed io ti attenderò là” Queste frasi sintetizzano alla perfezione il credo di questo film, dove tutto è connesso tra passato, presente e futuro.
I protagonisti, quindi, non sono le persone, ma sono i sentimenti, che si protraggono nel tempo e a prescindere dall’epoca; si manifestano in maniera diversa nelle persone e le cambiano.
“In momenti come questo immagino i nostri ripetuti incontri in epoche diverse, in vite diverse.” questa è la teoria alla base di Cloud Atlas.
Da non crederci, ma il film è all’altezza del pomposo trailer e non delude sotto ogni punto di vista a partire dall’eccezionale cast di attori, tutti di primo livello e tutti poliedrici nell’interpretare i diversi ruoli e i sei diversi personaggi a cui sono chiamati, ma una menzione particolare, a mio avviso, va a Bae Doo-na attrice coreana eccezionale per la mimica espressiva del volto e Hugh Grant per l’incredibile poliedricità nell’interpretare le parti, una delle quali irriconoscibile a causa del trucco.
Dopo aver visto il film, come faccio di solito, leggo la trama e le recensioni dei critici cinematografici nazionali. Lo faccio sempre dopo, per non farmi influenzare sia sulla visione del film sia sulla successiva recensione. Ebbene, con mia somma sorpresa, ho notato che la maggiorparte, non ha trattato bene questo film relegandolo nel settore dei film discreti.
Forse non hanno apprezzato i dialoghi o forse non hanno capito la storia, ma soprattutto non hanno capito che siamo di fronte ad un capolavoro cinematografico dello stesso livello di Matrix, con la differenza qui, che la fantascienza occupa soltanto una storia e mezza e che la bellezza del film oltre alla valorizzazione dei sentimenti consiste proprio nel sapiente mescolamento di epoche e personaggi.
Angelo Bottiroli
12 gennaio 2013