E’ partita con un ritrovamento di armi nel Tortonese e il tentativo di ammazzare un carabiniere, l’indagine che ha portato all’arresto di 12 persone, secondo l’accusa appartenenti alla ’ndrangheta calabrese.
Una cellula della n’drangheta che operava nel varessoto è stata scoperta e sgominata grazie alle indagini che hanno preso il via da Tortona, Castelnuovo Scrivia e Sale. L’operazione, che ha portato anche all’arresto del figlio di un boss mafioso, è stata illustrata giovedì mattina, durante una conferenza stampa che si è svolta a Varese.
Tutto è iniziato con un fatto di cronaca di cui non era stata data notizia proprio per non pregiudicare l’indagine: il 9 gennaio 2010, nel corso di un servizio di osservazione e pedinamento dei Carabinieri a Castelnuovo Scrivia veniva tratto in arresto Mirko De Notaris il quale non si fermava all’alt intimatogli dai militari in uniforme, tentando – altresì – di investire un Maresciallo della Compagnia Carabinieri di Tortona.
A seguito di quei fatti, in un vecchio cascinale di Sale, posto a poche centinaia di metri dall’abitazione di Francesco Scicchitano (uno degli arrestati), venivano rinvenute, all’interno di un borsone diverse armi fra cui tre pistole, un revolver 400 proiettili e molto altro.
Da qui ha preso il via l’indagine che dopo due anni ha consentito di scoprire una cellula della n’drangheta. Un’ organizzazione legata alla ’ndrangheta sgominata dai carabinieri di Varese che usava per importare armi e droga dalla Svizzera una coppia di anziani coniugi svizzeri che attraversavano i valichi di Brogeda (Como) e Gaggiolo (Varese).
A finire in manette sono stati Eugenio Ferazzo, 34 enne di Mesoraca (KR), figlio del noto capo-cosca Felice Ferrazzo; Francesco Scicchitano, 63enne di Pianopoli (CZ); Antonino Amato, 63enne catanese residente a Gerenzano (VA); Mirko De Notaris, 36enne di Vasto (CH); Salvatore Ferrigno, 49enne di origini catanesi residente a Uboldo (VA); Cristian Margiotta, 32enne milanese; Alfio Privitera, 54enne catanese residente a Lozza (VA); Donato Santo, 27enne residente a Jesolo (VE).
Diversi gli episodi criminosi documentati nel corso delle complesse indagini – condotte anche in collaborazione con la Polizia Federale Elvetica – rese particolarmente difficoltose dall’articolato linguaggio criptico utilizzato dagli indagati.
Infatti, nel corso delle attività, è emerso costantemente il riferimento – in tema di armi – alla compravendita di “motorini” e “marmitte”, mentre in materia di stupefacenti l’argomento veniva camuffato parlando di “litri d’olio” o di “donne”.
13 settembre 2012