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La Regione Piemonte approva la Riforma degli enti locali: sparite le Comunità Montane, i picccoli comuni devono unirsi


Il “ddl Maccanti” è legge. E’ stata infatti approvata dal Consiglio regionale la riforma degli enti locali: una norma che, dopo un lungo confronto con i territori, con le associazioni delle autonomie locali, con le organizzazioni sindacali e con le forze di maggioranza e opposizione all’interno del Consiglio regionale, consegna ai Comuni piemontesi un testo organico “che – come spiega l’assessore regionale agli Enti localiElena Maccanti – si basa su un principio cardine: è il Comune al centro del sistema, ed è il Comune che deve poter decidere con chi gestire le sue funzioni e con quali strumenti”.

“Obiettivo della Regione Piemonte – prosegue Maccanti – è offrire ai sindaci dei piccoli Comuni, che fra tre mesi dovranno gestire in forma associata le prime tre funzioni fondamentali, un supporto nel difficile percorso che li attende. Con questa legge, senza imporre scelte fatte a tavolino sulla testa dei nostri Comuni, diamo agli enti locali, che sono i veri titolari delle funzioni, la possibilità di organizzare i servizi sulla base delle specifiche realtà territoriali e delle esigenze dei cittadini, rispettando la facoltà dei sindaci di scegliere con chi gestire le funzioni e in quale modo”.

Per Roberto Ravello, assessore regionale alla Montagna “l’approvazione della legge finalmente colma il vuoto lasciato dalla profonda modifica del testo unico della montagna del 1999, confermando la grande attenzione che la Giunta regionale ha nei confronti dei territori montani. L’individuazione dei nuovi soggetti e la destinazione delle risorse dell’Unione europea per il periodo di programmazione 2014-2020 costituiranno lo scheletro di una innovativa politica per la montagna piemontese alla quale è così restituita una propria centralità”.

 

LA NORMATIVA STATALE: A CHI SI RIVOLGE LA LEGGE?

La normativa statale prevede che i Comuni sotto i 5000 abitanti in pianura e sotto i 3000 abitanti in montagna debbano gestire in forma associata le funzioni fondamentali attraverso l’unione o la convenzione. L’articolo 19 del decreto 95 ha ridefinito le funzioni fondamentali, che sono: organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; organizzazione dei servizi pubblici; catasto; pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale; pianificazione di protezione civile e coordinamento dei primi soccorsi; organizzazione e gestione dei servizi di raccolta e smaltimento rifiuti e relativi tributi; edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; polizia municipale e polizia amministrativa locale; tenuta dei registri di stato civile. I Comuni dovranno gestire in forma associata tre di queste funzioni entro il 1° gennaio 2013 e le altre entro il 1° gennaio 2014.

 

LA LEGGE DELLA REGIONE PIEMONTE: IL COMUNE AL CENTRO

Limiti minimi demografici. Il Piemonte abbassa la soglia demografica prevista a livello nazionale (10 mila abitanti) e la fissa a 3.000 abitanti per la montagna e la collina e a 5.000 abitanti per la pianura. Rispetto alla proposta iniziale è stato elevato a 40.000 il limite minimo per la funzione sociale, nella consapevolezza che per garantire l’efficienza e l’erogazione dei servizi siano necessari ambiti più ampi. Ovviamente, per entrambi i limiti saranno concesse deroghe motivate. Sono stati bocciati gli emendamenti che prevedevano di introdurre anche un numero minimo di Comuni per il raggiungimento della soglia minima. “Stiamo parlando di funzioni fondamentali dei comuni – spiega Maccanti – quindi di servizi erogati ai cittadini, sulla cui qualità i cittadini giudicheranno i loro amministratori. E i nostri Comuni di imposizioni ne hanno già subite abbastanza: dal patto di stabilità, che dal 1° gennaio 2014 riguarderà tutti i Comuni sopra i 1.000 abitanti, alla tesoreria unica, passando attraverso lo scippo dell’Imu e la sua sovrastima, che porterà le nostre amministrazioni a un disequilibrio di bilancio. Almeno sul tema delle gestioni associate diamo loro autonomia, che significa anche responsabilità”.

Unione e convenzione. La legge pone sullo stesso piano i due strumenti di gestione associata, unione e convenzione, e chiarisce anche che non sono alternativi, ma possono essere usati insieme per raggiungere diversi ambiti territoriali. Si introducono inoltre principi che rendono la convenzione più stabile, come il rispetto dei limiti minimi demografici previsti per le Unioni, la durata triennale e la definizione dei rapporti economici tra i contraenti. La funzione socio-assistenziale può essere gestita anche attraverso lo strumento del consorzio tra Comuni, così come previsto dalla spending review nazionale.

Carta delle aggregazioni. Saranno i Comuni, nel rispetto dei requisiti, a proporre alla Regione la forma associativa e l’ambito territoriale, ma è stata introdotta la facoltà, per la Regione, di intervenire in una fase successiva per favorire il raggiungimento dell’ambito ottimale e impedire che un Comune obbligato resti fuori da forme di gestione associata. La Giunta adotterà una Carta delle forme associative del Piemonte, che sarà aggiornata ogni tre anni.

 

COMUNITA’ MONTANE: COSA SUCCEDE?

Superamento delle Comunità Montane: confini non più disegnati a tavolino dal centro ma su iniziativa dei territori. Le Comunità Montane saranno sciolte. Al loro posto nasceranno forme aggregative (unioni montane e convenzioni) su volontà dei Comuni aderenti riconoscendone la peculiarità montana. La legge affida un ruolo all’assemblea dei sindaci, che sottoporrà ai Comuni una proposta di ambito territoriale, proposta che potrà essere approvata o modificata dagli stessi enti locali. Il comune mantiene la sua autonomia decisionale, ma l’assemblea dei sindaci può guidare il percorso. Infine, nel caso in cui tutti i Comuni appartenenti a una comunità decidano di costituire un’unione montana non ci sarà soluzione di continuità né bisogno di un commissario per il riparto. Il Commissario sarà invece nominato in tutti gli altri casi. “Le Comunità Montane – spiega Maccanti – sono fallite perché i loro confini sono stati decisi a tavolino da Torino, creando aggregazioni troppo ampie e disomogenee, con modalità di elezioni degli organi che non sempre hanno garantito la rappresentatività di tutti i territori. Da oggi si cambia”.

Classificazione dei Comuni montani. La Giunta regionale ha accolto un emendamento che rivede la classificazione del territorio piemontese in aree montane, collinari e di pianura. In particolare saranno considerati appartenenti all’area montana tutti i Comuni ricompresi nelle attuali Comunità Montane.

Funzioni e fiscalità delle ex comunità Montane: si introduce il principio del federalismo fiscale. Le funzioni legate alla montagna e gestite sino ad oggi dalle Comunità Montane saranno riordinate e attribuite ai Comuni, che dovranno gestirle in forma obbligatoriamente associata. La grande novità riguarda l’introduzione di un principio di federalismo fiscale. Il fondo regionale per la montagna sarà infatti alimentato dalle risorse prodotte sui territori, che resteranno per gran parte sui territori: una quota dell’Irap, una quota dei proventi del diritto di escavazione, dei canoni per l’utenza idrica e di quelli per l’imbottigliamento rimarranno nei comuni montani per finanziare lo sviluppo della montagna, che rappresenta oltre il 50 per cento del nostro territorio. Queste risorse andranno ai Comuni, che svolgeranno le funzioni in forma associata, indipendentemente dallo strumento scelto. Bocciati gli emendamenti che prevedevano la forma dell’Unione montana quale unico strumento gestionale per la montagna.

Tempistica per lo scioglimento delle Comunità Montane. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, l’assemblea dei sindaci delle attuali Comunità, con delibera assunta a maggioranza, può chiedere alla Regione che l’ambito territoriale della comunità montana sia individuato come ambito ottimale di gestione associata per la costituzione di una o più unioni montane di comuni. La stessa proposta deve essere notificata dal presidente dell’assemblea ai Comuni entro 15 giorni; i Comuni hanno 60 giorni per recepire o rigettare la proposta e trasmettere il relativo provvedimento contestualmente alla Regione ed al Presidente dell’assemblea dei sindaci.

Personale delle Comunità Montane. La Regione trasferirà le funzioni e il personale, insieme alle risorse finanziarie per sostenerli, alle nuove aggregazioni e incentiverà i gli Enti locali che assumeranno il personale, che invece non è legato a queste funzioni, con contributi economici, provvedendo anche alla loro riqualificazione.

SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA. La legge abroga una serie di leggi regionali consegnando agli Enti Locali un testo unico che si fonda sui principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

 27 settembre 2012

 

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