Dopo l’incontro pubblico con l’ex assessore regionale alla Sanità Eleonora Artesio avvenuto nei giorni scorsi e lo sciopero di ieri a Torino che ha visto al partecipazione di oltre 400 persone provenienti dalla provincia di Alessandria, Rifondazione comunista lancia la proposta di costruire al più presto una rete di cittadini, operatori sanitari, forze politiche e sindacali a difesa dell’Ospedale di Tortona e dei servizi in esso presenti attualmente.
“Possono dire fino a quando vogliono che l’ospedale di Tortona non verrà declassato – dice Daniela Cauli, segretario tortonese di Rifondazione Comunista- ma il declassamento è nei fatti: il nostro sarà qualificato come ospedale di prossimità e dunque i reparti che un ospedale di prossimità deve mantenere sono, come segnato nel Piano Sanitario Regionale, medicina generale, diabetologia, geriatria, day surgery, dialisi, lungodegenza, servizi ambulatoriali, pediatria base e riabilitazione. E gli altri reparti che fine faranno? Dovremo recarci tutti a Novi, a Voghera o ad Alessandria? Il nostro territorio è caratterizzato dalla presenza di molti Comuni e di un’alta percentuale di popolazione anziana, nonché da difficoltà- già presenti ora- del personale medico che spesso lavora in condizioni proibitive: non crediamo affatto alle rassicurazioni dell’Assessore Monferino o del Governatore Cota.”
“Per quello che riguarda i Dea – conclude Daniela Cauli – non basta garantire che essi verranno lasciati: se si taglia il numero di ambulanze, il personale medico e le attrezzature, resta un guscio vuoto. Pensiamo che non si possa e non si debba delegare il futuro dell’Ospedale e la questione “diritto alla salute” al solo confronto tra istituzioni: ben venga la mobilitazione dei sindaci, ma essa da sola non è sufficiente. Rifondazione sarà presente sul territorio con volantinaggi davanti all’ospedale e nei quartieri della città e propone alle forze politiche, sindacali, ai cittadini e agli operatori sanitari di fare rete e mobilitarsi, insieme, a difesa del diritto alla salute per tutti indipendentemente dal reddito, di lavorare insieme per far sentire la voce del territorio, lavorando in sinergia e non in una contrapposizione Novi-Tortona. Dobbiamo mettere in campo una mobilitazione permanente, solo con un largo parere negativo dai territori il Piano Sanitario può essere modificato, come accadde già anni fa con la Giunta Ghigo.”
MARTEDI’ IL CONFRONTO CON LA REGIONE
Martedì Il 29 novembre la Commissione Regionale si confronterà col territorio ad Alessandria, in una Conferenza cui saranno presenti sindaci, assessori, sindacati, operatori sanitari e cittadini. Non sono previste altre occasioni di confronto, e secondo Rifondazione, questo è grave perché non si può costruire una proposta di Piano Sanitario Regionale a prescindere dai bisogni reali del territorio e dei cittadini, negando ogni confronto e partecipazione .
LE CRITICITA’ DEL NUOVO PIANO SANITARIO
Il consigliere regionale Eleonora Artesio (ex Assessore Regionale nella Giunta Bresso), insieme a Rifondazione Comunista ha predisposto un documento in cui vengono evidenziate le Criticità del Piano Sanitario Regionale.
Il documento è molto lungo per cui riportiamo, di seguito solo alcuni tratti salienti.
“Presa visione della proposta di Piano Sanitario Regionale, ci pare che le vere “idee forza” presenti nel Piano siano poche ma estremamente pericolose: il riordino organizzativo, l’apertura al settore privato, la compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini. Il fulcro di ogni ragionamento non è rappresentato dai bisogni e dai diritti delle persone, ma è legato alla scarsità di risorse ed all’ossessione del risparmio, a qualunque costo. L’ ospedale visto come un’azienda, insomma.”
Il Piano propone di distinguere funzioni di tutela da quelle di produzione/erogazione delle prestazioni. Per arrivare a questa soluzione si vanno a scorporare gli attuali ospedali dalle ASL su cui finora insistevano ed erano organicamente inseriti. Tutti i presidi ospedalieri e le Aziende Ospedaliere confluiscono poi in sei nuove Aziende Ospedaliere Le ASL territoriali diventerebbero 11 con accorpamenti a Cuneo e Torino.
La separazione delle aziende ha dimostrato nei fatti che gli ospedali finiscono col tempo per diventare i veri catalizzatori delle risorse disponibili, guadagnando via via più potere a discapito delle ASL e delle strutture territoriali.
La separazione ospedali-territorio pone grandi problemi per quanto riguarda la continuità della cura. E’ sbagliato stabilire in modo rigido e a priori quali saranno le specialità presenti negli ospedali di riferimento, cardine e di prossimità: semmai bisognava partire dalla rete esistente delle specialità per disegnare in seguito il sistema organizzativo.
Sui piccoli ospedali e sulla loro riconversione tutto è lasciato nel vago degli annunci. Il Piano non affronta minimamente, sul versante del personale, il tema della necessità di figure professionali (anestesisti, chirurghi, etc.) che nel tempo vanno diminuendo senza possibilità di sostituzione.
Si fa una pericolosa apertura al privato: il risparmio non si può realizzare a scapito della qualità del servizio , del diritto alla salute per tutti e dei diritti dei lavoratori.
Il Piano ipotizza anche la “cessione” dei servizi sociosanitari e sociali ( attualmente gestiti da ASL e Consorzi )ai privati ed al privato sociale.
Occorre ricordare che dove si sono già sperimentate le pericolose alleanze con privati e terzo settore, il risultato è stato il seguente: precarizzazione contrattuale dei lavoratori, bassi salari,decadimento dei servizi. Quando il settore pubblico cede servizi, cede anche competenze che non rimpiazza al suo interno.
Il precedente Piano Sanitario Regionale garantiva una serie di spazi di confronto e di partecipazione; l’attuale Piano non prende in considerazione alcuna le dipendenze e propone, di fatto un ritorno all’ospedalizzazione dell’assistenza psichiatrica: e se le ASL potranno acquistare solo i Livelli Essenziali di Assistenza, che fine faranno altri tipi di servizi come gli inserimenti lavorativi o le comunità residenziali?
Il nuovo Piano Sanitario Regionale istituisce un Fondo per la non autosufficienza (problema acuto oggi, con le liste di attesa che si allungano) questo fondo, però, assembla solo fonti di finanziamento esistenti e non ne crea nuove, nè vengono date garanzie sull’entità del fondo.
Per quello che riguarda i consultori, il soggetto centrale passa DALL’INDIVIDUO alla FAMIGLIA, o meglio ad un particolare tipo di famiglia: quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna; si prevede inoltre di introdurre nei consultori alcuni volontari membri dei movimenti pro-vita, di fatto creando una pesante cappa ideologica ed intimidatoria nei confronti delle donne che dovessero rivolgersi ai consultori per un’interruzione volontaria di gravidanza.
E’ un fatto grave, che lede a nostro parere il principio di professionalità e laicità del servizio pubblico sanitario e attenta all’attuazione della legge 194 sull’aborto e al principio dell’autodeterminazione femminile.”
MULIERE INSISTE: L’OSPEDALE DI TORTONA VERRA’ DECLASSATO
Riportiamo un comunicato stampa pervenuto dal consigliere Regionale Rocchino Muliere che conferma il declassamento dell’ospedale di Tortona.
“Martedì prossimo la consultazione ad Alessandria sul nuovo piano sociosanitario regionale sarà un momento centrale per il futuro della nostra sanità. La speranza è che si riesca ad andare al di là della genericità del piano per avere dati concreti sulle prospettive delle nostre strutture ospedaliere e territoriali.
Appare molto difficile che nulla cambi nei nostri ospedali, come si ostinano da tempo a sostenere i rappresentanti del centrodestra, buon ultimo il consigliere Molinari che, riguardo ad Acqui terme, sostiene che non ci sono ospedali di serie A e ospedali di serie B.
GLI OSPEDALI TORTONA ED ACQUI DECLASSATI
Ci sono, eccome. Fa fede la nuova classificazione allegata al piano, che dimostra chiaramente i cambiamenti. Non lo dico io, lo dicono i documenti dell’assessorato. Nella nuova classificazione Novi Ligure, Casale e Asti sono ospedali cardine, mentre Acqui terme, Tortona e Ovada sono ospedali di prossimità. Questo significa che ad Acqui e a Tortona, come ad Ovada, potranno esserci certi servizi e certi reparti, non altri: la tabella del piano sociosanitario specifica quali specialità e servizi possono essere fatti negli ospedali di prossimità, in quelli cardine e nei più importanti, quelli di riferimento. E qui si vede quali sono gli ospedali valorizzati e quali quelli che rischiano il ridimensionamento. Senza contare che l’organizzazione in maxiaziende ospedaliere, porterà naturalmente a privilegiare i nosocomi più importanti, dimenticando gli altri.
Dunque, non è vero che nulla cambierà. Del resto i cambiamenti li abbiamo già visti da un anno a questa parte, con le delibere che hanno bloccato il turn over o hanno fissati i criteri per l’accorpamento dei reparti ospedalieri. Cambierà molto anche nei servizi socioassistenziali, quasi dimenticati dal piano e in grave crisi finanziaria, come nel caso del consorzio alessandrino che aspetta da mesi i fondi comunali. E cambierà molto per la continuità assistenziale, che finora le Asl garantivano e che con la separazione degli ospedali dal territorio sarà molto più difficile da garantire.
Sono problemi che solleveremo anche martedì e che saranno di sicuro sollevati da sindaci, associazioni, sindacati. Noi faremo la nostra parte sul territorio e nel dibattito in Consiglio regionale per scongiurare un piano che, se approvato, costringerà a passi indietro la nostra sanità.”
27 novembre 2011