Francesco Merlo, originario di Molino dei Torti, fu uomo di enorme levatura. Calzolaio, aderì dapprima al protestantesimo. Rifiutò la chiamata alle armi e fu condannato al carcere a Carrara. Qui divenne anarchico e antifascista della prima ora. Rientrato a Castelnuovo dovette subire atti di violenza da parte delle squadracce fasciste. Autodidatta ma in contatto con personaggi di grande spessore.
Ebbe cinque figli: Dino, Iride, Bruna, Mario ed Elsa, quest’ultimi ancora viventi.
Abitò dapprima in via Solferino a Castelnuovo Scrivia e poi in uno degli alloggi del Comune (attuali stanze delle associazioni).
Già nel 1943 organizzò riunioni a casa sua con Mussio, Civelli, Arona, Staltari, Silla, Cartosio per organizzare la resistenza armata ai tedeschi. Assunse il nome di Picchio e pur cinquantenne guidava i giovani che volevano raggiungere la montagna
Il figlio Dino giovanissimo fece volantinaggio contro il regime fin dal 1938 e fu tra i primi a entrare, con il nome di Picchio figlio, nella famosa Brigata partigiana della Bassa Valle Scrivia.
Dopo alcuni mesi in cui continuò a lavorare come operaio presso il calzaturificio Ferrari, ormai a rischio di arresto, si trasferì in montagna partecipando a molte azioni. Finì anche nelle mani delle SS fasciste, in cui si distingueva per ferocia un torturatore castelnovese, e riuscì a salvarsi dopo inenarrabili sofferenze.
Alla fine ebbe il compito di guidare il distaccamento partigiano che condusse migliaia di tedeschi, fatti prigionieri sull’Appennino, per farli sfilare il 25 aprile a Genova. Di lui sono riuscito a reperire lo straordinario diario che ho pubblicato anni fa.
IRIDE
aveva 18-19 anni in quell’epoca e assimilò pienamente l’aria libertaria che aleggiava nella sua famiglia.
Non fu partigiana combattente come il padre e il fratello, ma una delle classiche staffette che in bicicletta o a piedi collegavano le basi partigiane con chi si muoveva in montagna. Disinvolta, coraggiosa, in alcuni casi anche sfrontata, portava comunicazioni e viveri lungo la strada Viguzzolo-Dernice. Non certo quella a fondo valle, ma lungo i sentieri a mezza costa.
Finita la guerra si sposò con Achille Uggeri e si occupò con serenità della sua famiglia e del lavoro da svolgere.
Negli ultimi anni, ogni 25 aprile il sindaco la andava a trovare per scambiare due parole con lei e per donarle un mazzo di garofani.
Con lei, poco dopo Aldo Goggi, se ne va l’ultimo partigiano di Castelnuovo.
Un’annotazione finale.
Eravamo pochini oggi al suo funerale, ma mi ha fatto molto piacere sentire ricordare da don Costantino la sua vicenda di staffetta. Dopo il commento alla parabola del Buon samaritano e varie altre riflessioni religiose, don Costantino si è detto certo che Dio la accoglierà nel suo regno poiché ha saputo fare scelte difficili, battendosi contro la dittatura, sacrificandosi al servizio del bene comune e della libertà collettiva.
Antonello Brunetti
Foto d’archivio